Regia di Richard Linklater vedi scheda film
Viviamo la vita, però intanto parliamone. La parola ci aiuta a capire quanto siamo diversi e distanti. Se lasciata libera di scorrere, è un fiume in piena che attraversa tempestosamente il vuoto tra di noi. Serve a ricordarci come eravamo, e che oggi non sappiamo più quelli che siamo. Perché stiamo in bilico tra il presente e il futuro, tra casa nostra e una terra straniera, tra l’amore e la carriera, tra il bisogno dell’altro e il desiderio di restare soli. Per Jesse e Céline tutto è romanticamente confuso. Lui era il marito di un’altra, che adesso vorrebbe il loro figlio tutto per sé. E adesso è di nuovo padre, di due gemelline bionde che parlano francese. Una vacanza nel Peloponneso offre loro l’occasione di ripercorrere il cammino che ha trasformato le loro esistenze, conducendoli fino a quel punto, in cui tutto appare incerto e indefinito. Nell’antica tragedia greca, lo sviluppo della storia segue uno schema ben definito, dal prologo alla catarsi. Il testo è una studiata composizione di lirica e filosofia, in cui le creazioni della mente sono ritmicamente urlate per imitare l’intensità delle emozioni. Ma, nel disorientamento di matrice contemporanea - pur essendo conservate, come in questo film, le tradizionali unità aristoteliche di luogo, tempo ed azione - i versi della poesia si sciolgono, le intonazioni si fanno disordinate e selvagge, coinvolgenti ed improvvisate come in una danza tribale. La Storia si sospende, per fare spazio a quel flusso di movimenti che procede di pari passo con l’impeto dei pensieri incontrollabili. I dialoghi sono l’unico contenuto narrativo di interminabili sequenze, come a sottolineare che l’origine naturale della continuità non è tanto l’evoluzione, predeterminata e consequenziale, della trama, quanto la furiosa successione delle idee in fuga, che collegano le varie situazioni sulla scia dell’inconscio, ricostruendo la catena del dolore. Raccontare, in questo caso, significa ripescare dalla memoria ciò che è stato bello e ciò che ha fatto male, frugando a casaccio e ricomponendo a piacere. Il botta e risposta tra i due protagonisti genera la tensione a necessaria a deviare il discorso, spingendolo a guardarsi intorno, ad esplorare vie alternative, a perdersi ed andare a tentoni, anziché limitarsi a procedere ciecamente lungo il proprio egocentrico binario. La coppia non è unità, bensì l’insieme di due poli, che si respingono ed attraggono; e ciò non avviene per interpretare le rituali schermaglie della commedia sentimentale, bensì per aiutare la discussione a crescere ed approdare ad una conclusione. La crisi – in base alle radici etimologiche del sostantivo – è una fase di decisione, quindi è una frattura che si deve accompagnare ad un esame ragionato delle circostanze. Se essa, secondo la comune accezione del termine, comporta una separazione, questa si deve intendere come la distinzione che prepara la scelta. Jesse e Céline girano vorticosamente intorno a quella voragine che si sta spalancano in mezzo a loro: un’apertura dal contorno irregolare, che sembra a tratti impercettibile, a tratti insormontabile. Osservarsi un po’ da vicino, un po’ da lontano, è l’operazione necessaria per aggiustare l’obiettivo e mettere a fuoco l’immagine dell’altro. Accade tutto nell’arco di un giorno, tra l’ombra e il sole, nella battaglia di luce che precede l’arrivo dell’oscurità. Bisogna giungere a un punto finale, fintanto che si riesce a vedere. Prima di mezzanotte.
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