Regia di Federico Fellini vedi scheda film
La politica a volte è un’armonia forzata, precariamente imposta al coro polifonico del mondo. La società è infatti, per sua natura, il caotico brulichio di tante voci, che parlano ognuna per sé, e, soprattutto, di sé. Poco importa se il suono del trombone è diverso da quella della tromba, finché i due strumenti non cominciano a contendersi il primato sulla verità. La rivoluzione inizia quando tutti vogliono esser dittatori; per questo il suo movimento è così disordinato, e non assomiglia affatto al compatto avanzare di un esercito. Nella rivolta non si combatte secondo una comune strategia, ma si strepita ognuno per suo conto, seguendo impudentemente l’anarchia degli impulsi individuali. Le rivendicazioni collettive esistono solo sulla carta; ciascuno, infatti, ha una diversa frase da scrivere sui muri, e la sua protesta personale è sempre in concorrenza con le altre. E’ del tutto irragionevole pensare che il disagio e la tensione annullino i singoli egoismi; per rimetter tutti in fila ci vuole la paura, perché solo il terrore derivante dalla guerra o da un regime autoritario riesce a far sbollire gli animi. Prova d’orchestra traduce questo lucido pessimismo antropologico in una beffarda metafora melodica, in cui la musica di Nino Rota è un geniale mélange di concerto sinfonico e fanfara circense, capace di virare verso l’uno o l’altra con una lieve rimodulazione dell’umore, o un piccolo ritocco al tono del discorso.
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