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La bara - The Coffin

Regia di Ekachai Uekrongtham vedi scheda film

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La recensione su La bara - The Coffin

di luabusivo
8 stelle

VENEZIA.71

BINGUAN. THE COFFIN IN THE MOUNTAIN di XIN YUKUN.

 IL LEONE D’ORO 2014 E’STATO ASSEGNATO. L’EDIZIONE N.71 DELLA RASSEGNA CINEMATOGRAFICA HA CHIUSO  I BATTENTI. SENZA GRANDI SUSSULTI. TRA GRANDI SPERANZE, SOPRATTUTTO ITALIANE. IL DIRETTORE DELLA MOSTRA ALBERTO BARBERA HA CONFEZIONATO UN PRODOTTO DI NICCHIA, BEN COSTRUITO, MA DECISAMENTE SCHIERATO DALLA PARTE DEGLI AUTORI.  LA SCELTA DI ALEJANDRO GONZALEZ INARRITU, CON IL FIL M D’APERTURA “BIRDMAN”, E’ STATA LA PRIMA TESTIMONIANZA.  IL PIANO SEQUENZA INTERMINABILE, CHE SEGUE MICHAEL KEATON PER LA DURATA DELL’OPERA, E’ SINONIMO DI PROVA D’AUTORE.  IL LEONE A ROY ANDERSSON SUGGELLA L’INDIRIZZO ARTISTICO DEL  PROGETTO, CON UN FIOCCO DORATO. SULLA SCIA DELLE INDICAZIONI DEL”PATRON” BARBERA, NELLA SEZIONE “SETTIMANA DELLA CRITICA,” ABBIAMO SCOPERTO ALCUNE PICCOLE PERLE. PRIMA FRA TUTTE, IL THRILLER CINESE “BINGUAN.THE COFFIN IN THE MOUNTAIN” (UNA BARA DA SEPPELLIRE) DEL GIOVANE REGISTA XIN YUKUN. LA VICENDA NARRA DI UNA BARA , CHE “VAGA” TRA LE CASE DI UN PICCOLO PAESE DELL’ENTROTERRA CINESE, IN CERCA DI UNA FAMIGLIA  DI APPARTENENZA. ALL’INTERNO I RESTI NON SONO CERTI : SI SOSPETTA CHE SIANO DI UN MARITO TRADITO O DI UN RAGAZZO DEDITO AL VIZIO DEL GIOCO D’AZZARDO. SU QUESTO MECCANISMO INFERNALE, SI INCROCIANO VARIE STORIE DEGLI ABITANTI DI BINGUAN. UN GIALLO IN PIENA REGOLA ( MAI TALE COLORE E’ STATO PIU’ APPROPRIATO), IN CUI LA FRAMMENTAZIONE IN CAPITOLI E LA COSTRUZIONE PSICOLOGICA DEI PERSONAGGI, SVELANO PASSO PASSO  LEGAMI IMPENSABILI E INDISSOLUBILI TRA I PROTAGONISTI. AL REGISTA NON PREME FARTI SCOPRIRE IL COLPEVOLE, BENSI’ LE COLLUSIONI, GLI ISTINTI PRIMORDIALI, LE OMISSIONI AMOROSE E LE BUGIE NASCOSTE CHE TORMENTANO GLI ABITANTI DI UN PICCOLO CENTRO ABITATO DI MONTAGNA E  CHE RAPPRESENTANO I VIZI E LE VIRTU’ DELLA CIVILTA’ CONTEMPORANEA. La vicenda è suddivisa in capitoli, il primo dal titolo Gravidanza, da l’avvio al dramma scatenante tutto l’intrigo del film e che coinvolge Zongyao (Wang Xiaotian), figlio del capovillaggio e Huang Huan (Luo Yun), umile ragazza del paese . Xiao Weiguo ( Huo Weimin), capo villaggio integerrimo, osteggia fortemente l’unione tra i due ragazzi, nutrendo altre aspirazioni per il proprio figlio. Durante la fuga dei due ragazzi, il regista applica un salto temporale all’indietro, che permette l’inserimento di nuove informazioni e personaggi, apparentemente avulsi dall’accaduto principale. Tra i questi: la vedova Liquin ( Sun Li), che appare brevemente a inizio film, nell’orazione funebre al marito e il single sconsolato Dazhuang (Jia Zhigang), testimone  involontario di un “suicidio”. Nel secondo capitolo Segreti, le trame dei personaggi appaiono più chiare e le salme che occupano “a turno” la bara protagonista, subiscono funerali interrotti e ripresi, in un crescendo melo drammatico e grottesco che coinvolge lo spettatore. I resti umani bruciati, contenuti nel legno funebre, di chi sono in realtà? Se lo domanda anche il funzionario cinese. Ma l’identità oscura, non è  la chiave del film: bensì l’intreccio di sentimenti traditi, di violenze subite, di aspirazioni mancate, di maternità ostentate. Semmai  l’amore che vero amore non è, il tradimento come simbolo di riscatto, la menzogna come forma di ricatto, la sublimazione del denaro come unico idolo, che conduce alla cancellazione di solidi principi etici e storici della tradizione cinese. Il trentenne regista Xin Yukun ammonendo lo spettatore, sembra sussurrare“guardate che la Cina non è molto diversa dal vostro Mondo Occidentale”: le dinamiche e le pulsioni primarie sono le stesse, così come le distorsioni  mediatiche, in primis quelle televisive, che tanto hanno plasmato Huang Huan e condizionato l’intera vicenda. Bugie e tradimenti, omicidi accidentali e sepolture incompiute, come nelle migliori Soap opera in Tv, danzano allegramente attorno al feticcio funebre di una anonima comunità rurale.  La bara sulla montagna è il capitolo conclusivo, in cui il meccanismo infernale dei sospetti e delle delazioni ,lascia spazio alle speranze mal riposte e alle fortune volubili. Fino alla solitaria scena finale, in cui The Cuffin  (la bara), diventa testimone involontaria  della riappacificazione tra l’ex militare padre padrone Xiao Weiguo  e il ritrovato figlio Zongyao, assurgendo ad altare sacro e miracoloso della riconciliazione generazionale.

Il primo lungometraggio di Xin Yukun supera abbondantemente la prova d’esordio e conferma le doti di questo giovane cineasta . La sceneggiatura,su cui ha lavorato per tre anni, è scritta a quattro mani con Feng Yuaniliang e dimostra sapienza di mix tra estetica e genere.  Un po’ troppo prolissi i dialoghi, che necessitano, in alcune sequenze di riduzioni lasciando maggiore spazio alle interpretazioni visive. Gelida e dai toni grigi la fotografia, affidata alla mano di He Shan, che rispecchia in pieno il tono noir della sceneggiatura ma accendendosi di luce, nei momenti ironici del film. Tra le sequenze indimenticabili per il tono tragicomico, la ricostruzione “frettolosa” del porcilaio a cura del capo villaggio Xiao Weiguo  e l’ultima telefonata del “compianto” marito di Liquin. Ultima annotazione, negli States i films di questo genere sono stati ribattezzati Dracomedy, in Italia li abbiamo sempre chiamati Commedia all’Italiana.

Viva il Cinema.  W China.

 

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