Regia di Antoine Fuqua vedi scheda film
Al Presidente degli Stati Uniti ne capitano di tutti i colori: una sfiga dietro l’altra per un Capo di Stato quarantenne giovane, aitante, bello e biondo, ma evidentemente un po' iellato: prima di tutto durante un percorso ufficiale lungo un ponte ghiacciato la vettura presidenziale rimane vittima di un pericoloso testa-coda che la fa finire in bilico su un altissimo viadotto: in questa occasione il dinamico capo della guardia presidenziale interviene prontamente, riesce in estremis a portare in salvo il capo e il figlioletto decenne prima che la macchina precipiti nel vuoto trascinandosi dietro la bellissima first lady tramortita dall'urto (una splendida quando effimera - almeno in questo film - Ashley Judd, evidentemente rassegnata da come tira ora il vento ad accontentarsi di una parte di contorno solo decorativa che ai tempi del suo culmine di notorietà e fama ella avrebbe certamente disdegnato). Poco dopo l'uomo più potente del Pianeta viene preso in ostaggio da un pazzo spietato terrorista dell’est (Nord coreano naturalmente, manco a dirlo!!!) che mette sotto sopra addirittura il cuore del potere, la Casa Bianca, riducendola pressoché in cenere quasi come dopo l’invasione aliena di Indipendence Day.
Film del resto non citato a caso, ma capofila di una schiera di pellicole truzze infarcite di machismo e grondanti del patriottismo più becero e zuccheroso che tuttavia stuzzica ancora molti palati e incontra sempre un suo seguito di fedeli ammiratori.
Del resto il regista Antoine Fuqua non è mai stato un raffinato, un fine cesellatore di sentimenti intimi, un cultore dell'introspezione più ardita, e neppure nella sua opera più matura e riuscita, quel Training Day accettabile ma ultra-sopravvalutato al tempo, risulta a mio giudizio comunque sin troppo strombazzato e premiato dagli organi ufficiali preposti a decretare cosa e' bello e cosa non lo è.
Qui, oltre alla presenza di un cast faraonico di attori spesso (ed soprattutto altrove) molto bravi, possiamo segnalare come il destino del mondo sia nelle mani (nel bene e nel male) di un terzetto di "splendidi quarantenni" carismatici la cui presenza rincuora chi, come il sottoscritto, appartiene più o meno alla stessa classe di nascita e si augura di non sfigurare troppo dinanzi a suddetti soggetti, senza per questo dover necessariamente salvare i destini della democrazia più farloccamente ottimista ed ingenua del globo. Sto parlando del protagonista ovviamente, quel gigione d'attoraccio d’un Gerald Butler che da qualche anno produce pure parte dei film che lo vedono impegnato in avventure più o meno mirabolanti (come in questo caso), ma pure più o meno intime (come nell’ultimo pallido Muccino). Qui nella parte dell'eroe caduto in disgrazia ricalca mille altri personaggi resi peraltro con altro spessore da altri (mi ricordo Clint Eastwood nel pur commerciale ma dignitosissimo "Nel centro del mirino" di un dignitoso Wolfgagng Petersen). Ma pure e soprattutto del presidente biondo Aaron Eckhart, brav'attore troppo spesso solo di contorno o spalla di qualcun altro. E lo stesso dicasi per quel sempre tenebroso d'un Dylan McDermot che dei tre è certamente il mio preferito e il cui ruolo di perfido traditore (SPOILER - ma forse sto svelando troppo…SPOILER) gli calza alla perfezione, facendo solo rimpiangere che la sua parte si risolva troppo presto e sbrigativamente in favore dell'eroe stalloniano che ci sta un po' (troppo) sulle palle.
Per il resto come dicevamo una sfilata di lusso che vede coinvolti (in ordine di preferenza soggettiva) Melissa Leo, attrice meravigliosa sprecata in questi contesti, qui fisicamente irriconoscibile (ma con lei capita spesso, segno di grande attitudine interpretativa) ed eroica segretaria del presidente che si immola anima e corpo alla causa, Angela Bassett, grande donna, bellissima coordinatrice di Stato determinata ma di cuore; Morgan Freeman uguale a se stesso in decide di tuoli simili ma pur sempre una certezza, Robert Foster, reinventato anni fa da Tarantino e qui come già in precedenza generale battagliero, impulsivo ed interventista, e Radha Mitchell, moglie triste, scoraggiata e malinconica dell’eroe muscolare che non la merita né tantomeno gli sfora di tentare di capirla.
Insomma un filmaccio come tanti, bruttarello e scontato, prevedibile e smargiasso come richiede il mercato degli incassi, infarcito del più bieco e fastidioso sentimento patriottistico dei peggiori Stallone anni '80, ma in fondo non proprio perdutamente inguardabile come alcune recenti roboanti stupidaggini alla G.I. Joe.
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