Regia di Demofilo Fidani vedi scheda film
Fidani è stato probabilmente il più disastroso fra i registi di spaghetti western, sebbene il filone abbia prodotto centinaia di titoli e manciate di registi, spesso tutto materiale di serie Z. Eppure, fra il 1967 e il 1971, cioè in soli 4 anni diresse ben 12 titoli, il che significa che per lo meno queste sue sgangherate pellicole avevano un seguito in sala nonchè una richiesta, talvolta, persino dall'estero (di questo Era Sam Wallash... esiste la versione americana, per esempio). Come sia possibile è difficile da spiegare - e da capire - dopo tanti anni, ci si limiti a constatare che in quel periodo il cinema italiano produceva come una catena di montaggio e certi generi (precedentemente il mitologico, subito dopo il poliziottesco) avevano vita facile al botteghino, tanto da radicarsi perfino, come cult, a livello internazionale. Nonostante i budget risibili, nonostante le messe in scena pietose, nonostante i cast composti da attorucoli improvvisati, nonostante le scene d'azione dirette senza alcuna competenza, nonostante le trame stereotipate e farcite di incongruenze e banalità: e con questi difetti si è anche descritto Era Sam Wallash..., uno degli ultimi western di Fidani, scritto come di consueto insieme alla moglie Mila Vitelli (anche scenografa e costumista) e con un ruolo riservato puntualmente a Simonetta Vitelli, figlia di entrambi, sotto lo pseudonimo di Simone Blondell. Il protagonista è il non eccelso Robert Woods, con la partecipazione fra gli altri di un caratterista delle seconde linee come Dennis Colt (vero nome Benito Pacifico) e, in una comparsata, di Gordon Mitchell, bandito che curiosamente ha in scena il suo vero nome; la colonna sonora è di Lallo Gori, mediocre compositore e sodale del regista. Nessuna originalità neppure per quanto riguarda il titolo, che riprende ovviamente quello del primo Trinità diretto l'anno precedente da Enzo Barboni / E. B. Clucher: di "lo chiamavano", infatti, venne tempestato il nostro cinema di quegli anni. Nota finale di biasimo sul tentativo di inserire una componente psicanalitica: apprezzabile, sì, l'idea di rinnovare un minimo il genere, ma la materia viene trattata con un'approssimazione indegna e i flashback sono girati - alla Fidani - con una cognizione preoccupante dell'idea di 'cinema' (il particolare insistente della porta che sbatte è perfino, involontariamente, comico). 1,5/10.
Sam Wallash scampa a un assalto da parte di alcuni feroci banditi, che uccidono però un suo amico. Sam decide di vendicarsi degli assassini e del loro capo Donovan, ritenuto colpevole anche dell'omicidio dei suoi genitori, anni prima.
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