Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
Un gioiello assoluto. Di brillantezza, di follìa, di umorismo nerissimo, di sublime pazzia visionaria. Peccato solo che la benemerita Officine UBU coi suoi non esattamente potenti mezzi lo abbia distribuito -diciamo- "come poteva" e io facendo i salti mortali sono riuscito a vederlo addirittura due volte in due diverse multisale della mia regione. Che piacere, che goduria, vedersi scorrere davanti agli occhi quest'avventura movimentata, eccitante ed eccitata, psichedelica fin nelle viscere, tra allucinazioni e vite stropicciate di uomini che hanno problemi con le donne. E' la storia di una fuga ma è anche la storia di un incubo e anche di un amore impossibile. Ma poi ci sono tanti sottotesti, dalle donne che vogliono riprendersi il mondo ma lo fanno maldestramente con troppa aggressività fino a una manciata di uomini che scelgono di realizzare un piano che li riscatti da un vita di frustrazioni, un piano che prende le mosse da una rapina messa in scena con una serie di dettagli davvero pazzeschi. Ed è infatti proprio l'incipit del film che coincide con gli attimi che precedono il colpo e che è una sequenza che merita di entrare nelle antologie del cinema contemporaneo. Per un sacco di motivi. Innanzitutto la incredibile estetica dei rapinatori (che non rivelo perchè è troppo gustosa da scoprire per chi vedrà il film) e poi le fasi del "colpo" in cui ci viene presentata la gamma delle caratterizzazioni dei protagonisti, tutte scritte in sede di sceneggiatura con mano felicissima e geniale (il formidabile regista spagnolo Alex De La Iglesia ne è anche co-sceneggiatore). Vivendo in prima persona ogni fase della rapina, lo spettatore viene travolto da una tensione e da un'eccitazione quasi insostenibili, dove il film offre una lezione di cosa vuol dire "aggredire" il pubblico trasportandolo al centro di un evento. Si tratta di un manipolo di freaks uno più sfigato dell'altro ma uniti da una deriva di ricerca di riscatto umano quanto da una personale battaglia che li possa emancipare dall'invadenza quotidiana delle rispettive mogli e amanti, insomma non ne possono più di un mondo dove (a loro dire) sono le donne a comandare.I dialoghi tra loro sono uno dei punti di forza del film, dialoghi brillanti che emettono scintille, dominati da un'indole anarchica che li libera da ogni freno inibitorio. Potremmo dire che il fim si divide abbastanza nettamente in due parti (i momenti immediatamente successivi alla rapina e l'arrivo e permanenza dei nostri fuggitivi in un paese popolato da streghe e da anime dannate, con l'aggiunta di un finale che trasporta lo spettatore dentro le mura di un assurdo teatrino. Grottesco fino all'inverosimile, a tratti onirico, costantemente ai limiti dell'horror, attraversato da un'inquietudine sempre a cavallo tra derive splatter e un umorismo nerissimo talmente composto di elementi caricaturali che lo spettatore viene aggredito da una percezione di divertimento anarchico senza freni. E' un viaggio psichedelico. Una cavalcata nel delirio che contagia il pubblico come in una lisergica discesa agli inferi. Dove a compensare la cupezza degli sfondi interviene un umorismo nero dilagante, beffardo e sguaiato, squisitamente anarchico. Due parole sullo stile dell'autore, questo De La Iglesia, uno stile sempre improntato a raccontare favole nere calate nel quotidiano di rappresentanti del proletariato che inseguono un loro riscatto. Di questo artista ricordo di aver visto tre film indimenticabili per brillantezza e gusto: "Perdita Durango", il celebre (e straordinario) "La Comunidad" e il divertentissimo "Crimen Perfecto". Se di questo cineasta si può affermare una cosa, è che la sua originalità è fuori discussione. I due attori protagonisti sono bravissimi: Hugo Silva e Mario Casas, più una schiera di inappuntabili caratteristi di contorno, tutte facce più o meno già viste in altre produzioni spagnole. E non manca una star come Carmen Maura il cui appeal da diva richiamerà senz'altro qualche spettatore in più. E vorrei concludere citando i tre autori contemporanei di cui a mio avviso (parlo di questo film) il cineasta spagnolo ha saputo felicemente fondere aspetti dei rispettivi stili: Tarantino, Jodorowsky e Rob Zombie. E a proposito di Zombie, c'è una curiosa affinità che in pochi hanno sottolineato. Entrambi i registi hanno una musa che li ispira e che ne è anche compagna di vita. Rob Zombie ha la sua magnifica Sheri Moon. De La Iglesia ha al suo fianco Carolina Bang, creatura fantastica di cui chi vedrà questo film potrà constatare l'impagabile femminilità.
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