Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film
Un gruppo di disperati rapinatori travestiti da Cristo, Soldatino, Spongebob, Minnie e l’Uomo Invisibile, rapinano un negozio Compro Oro. Uno di loro ha con sé il figlio di dieci anni dal quale non vuole separarsi. Nella fuga rapiscono un tassista e nel tentativo di passare il confine giungono a Zugarramurdi, cittadina stregata. Le streghe si palesano ai quattro fuggitivi e li imprigionano nel loro maniero in vista di una cerimonia sacra che farà rinascere il messia della malvagia congrega.
Le streghe son tornate, è il fantastico, folle, irriverente film di Álex de la Iglesia che bissa - in colpevole ritardo, visto che il film è del 2013. In Italia le streghe rischiavano di non tornare - il bulimico, visivamente esplosivo Ballata dell'odio e dell'amore (Balada triste de trompeta, 2010) con un altrettanto divertentissimo delirio visivo che riprende la storia delle streghe per raccontare l’eterna guerra dei sessi ai tempi della crisi. D’altronde il tema dell’attrazione-repulsione tra uomo e donna è parte del suo cinema già dall’irresistibile Crimen Perfecto (2004) nel quale donna Lourdes si rivela essere una “strega” che potrebbe rientrare a pieno titolo nella congrega di questo ultimo film.
Le streghe sono tornate, è il titolo italiano che rievoca uno degli slogan che hanno scandito la battaglia di una generazione, quella del movimento femminista italiano anni ‘70 e visto il tenore del film si può dire pienamente azzeccato, una volta tanto. L’evocativo titolo originale Las Brujas de Zugarramurdi, invece è ispirato ad un paesino realmente esistente, abitato da poco più di 200 anime e situato nella Navarra al nord della Spagna. L’aura misteriosa di questo paese – e la sua notorietà – la si deve ad un evento storico del 1610 legato all’inquisizione spagnola e al massacro di 30 persone accusate di stregoneria a cui si devono i natali delle leggende stregonesche iberiche.
Il film inizia come un crime movie ma ci si rende subito conto della piega grottesca che i personaggi intraprendono quando imboccano le tortuose vie dei Pirenei per Zugarramurdi.
Con piena consapevolezza e qui sta il bello, i fuggitivi capitano nel bel mezzo dei totemici codici del film horror senza poter far altro che seguire il loro destino e assistere alla venuta della Grande Dea dalle tettone e culone delegata a far rinascere l’Eletto delle streghe attraverso un rito, diciamo, pagano-mitico-colitico.
Álex de la Iglesia non si risparmia neppure un po’ tra cosce e sangue, splatter e umorismo dissacrante, gli eroi del cinema di serie B sembrano fusi in empio connubio con i caratteristi della recente commedia spagnola, con la Papessa Nera, musa di Almodovar, Carmen Maura mai così mefistofelica. E' un dr. Frankenstein con il naso da buffone che pesca i codici da tutto il cinema di genere – dal gore di Lewis al gotico italiano anni 60, il torture porn, il demoniaco e l’iconoclastia jodorowskyana unita al miglior Raimi - e li vomita sullo schermo in svergognata contrapposizione rispetto a tutto il cinema mainstream sempre più compresso in format rassicuranti e politicamente corretti.
Álex de la Iglesia è ormai è uno dei pochi autori capace di sfornare un cinema personale, scorretto ed elettrificato da una salvifica anima punk. Cinema di genere puro fatto con le facce giuste con in bocca le battute giuste ma contaminato da una satira sprezzante e divertita. Minando dall’interno la struttura stessa del genere, horror in questo caso, de la Iglesia destruttura la storia in una irriverente parata di cliché il cui simbolismo è costantemente frantumato e ricomposto in una eccessiva metafora nera della vita e della morte. Morte sociale però, dove l’amore è finito e gli uomini si trascinano sulla terra sconfitti da donne asfissianti e maligne. De la Iglesia restituisce dignità alle megere nefaste della tradizione popolare che abitano la ridente – sogghignante – cittadina di Zugarramurdi armate di pentolone e riti esoterici che resistono in tutto il loro coté gotico all’ingerenza della modernità.
Spazza via ogni seriosità – il riferimento è alle barbose fattucchiere de Le Streghe di Salem (2012) di Rob Zombie - ricostruendo su di esse, con grande gusto per lo sberleffo, il prototipo della donna contemporanea, rivoltata come un calzino a mostrare senza pudore ogni mostruosità. Il lavoro che una volta veniva compiuto da misteriose pozioni o filtri d’amore capaci di svuotare il malcapitato uomo di qualsiasi stilla di volontà e potere, ora viene compiuto da avvocati, divorzi, alimenti, figli usati come strumenti di ricatto. Una volta c’era la lingua di topo e la bava di pipistrello, il pentolone, la strega. Ora c’è la citazione, l’aula di tribunale, il giudice. Gli effetti della pozione non cambiano, solo, il rito prevede altri ingredienti.
Mortali e sarcastiche, cattive ma dotate di un sprezzante humor nero, le streghe in realtà non sono tornate perché mai se ne sono andate. Sono appunto le donne, per de la Iglesia, che fonde la commedia nera con la satira sociale e la schermaglia amorosa tipica della commedia romantica, qui sventrata dal gusto per il disgusto e un sano apporto di gore.
Se la congrega di streghe è la versione attuale de La famiglia Addams all female, gli uomini sono i loro oggettini di ripiego. Instupiditi dalla quotidianità, divorziati, padri inetti e infelici, lasciano alle donne, le streghe, la totale gestione della loro vita, e quando la riprendono in mano quello che al massimo riescono a fare è travestirsi da Cristo in croce per rapinare gli anelli, pegno d’amore infranto, di poveri cristi al monte di pietà.
La velata metafora sottilmente suggerita da de la Iglesia è quella delle donne che agguantano l’uomo, lo ingoiano intero per poi cagarlo al mondo, così che con la digestione, passando attraverso quel corpo e assorbendone gli umori egli possa rinascere a uomo nuovo. Ovvero feticcio delle loro paturnie.
Le streghe son tornate è una horror comedy derivativa, non perfetta se si vuole spaccare il capello – la parte iniziale è un po’ farraginosa, i dialoghi e le scene sono un po’ troppo lunghe ma questo non inficia il divertimento. Tutto si aggiusta poi nella seconda parte quando l’azione sostituisce la parte preparatoria e interlocutoria - ma sostenuta un gran ritmo, gusto visionario e battute incalzanti, situazioni sempre sull’orlo del parossismo per poi tracimare quell’orlo e immergersi nell’orda mefitica delle streghe di Zugarramurdi. Set da cinema gotico e spifferi d’aria da gloriosa serie B del cinema di genere, una piccola vendetta verso l’ex sesso debole ma in realtà senza alcuna cattiveria, tanto umorismo e uno splendido finale corale, dove tra Herschell Gordon Lewis, il Gran Guignol e la parata conclusiva di Frankenstein Jr., si rende omaggio all’essenza pura del cinema, libero da qualsiasi legaccio artistico. Oltre a Carmen Maura danno sfoggio di grande capacità cialtrona (nel bene) Hugo Silva poi con Almodovar ne Gli amanti passeggeri; Mario Casas; Carolina Bang; Terele Pavéz fedele attrice per De la Iglesia ne Ballata dell’odio e dell’amore, Baby’s room, El die de la bestia; Macarena Gomez e Carlos Areces (presente in Ballata dell’odio e dell’amore e Gli amanti passeggeri) una manciata di noti caratteristi. Tutti attori che fanno parte del “giro” di de la Iglesia e Almodovar, affiatati e in parte. Personaggi definiti alla perfezione per affrontare e rendere se non credibile, almeno fanciullescamente godibile, il delirio narrativo che li aspetta.
Da vedere con il rispettivo partner così da organizzare poi tra i superstiti, cari mariti e mogli, fidanzati e amanti dediti alle ballate dell’odio e dell’amore, una bella vacanza a Zugarramurdi. Così vediamo poi chi sopravvive.
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