Regia di Rupert Everett vedi scheda film
WILDE, UN CRISTO ESILIATO NEI BASSIFONDI DI PARIGI
Ci sono voluti 10 anni per realizzare questo sogno visionario, ma ne è valso la pena. Rupert Everett. alla sua prima magistrale prova come regista, è anche convincente interprete (irriconoscibile) e sceneggiatore acuto dell'Ultimo Ritratto di Oscar Wilde, il sottotitolo del film il cui titolo felice è invece “«The Happy Prince»”, delizioso amaro racconto-fiaba che lo scrittore irlandese scrisse per i suoi due figli.
The Happy Prince è il filo narrativo, dall'inizio alla fine, anche se cambiano i protagonisti, le scene, i tempi in un continua allucinatoria sovrapposizione fra passato e presente
Un bellissimo poetico e commosso omaggio a uno scrittore condannato e vilipeso e che solo nel 2017, l'ipocrita Inghilterra ha riabilitato! Un omaggio che comunque non fa nessuna concessione verso una forma agiografica del mito wildiano.. Il Wilde analizzato con rigore letterario ed artistico, è un carnefice-vittima consapevole di come l'amore possa essere passione rovinosa per se stessi e per tutti coloro che risultano catturati in questo romantico vortice di dannazione e delizia, vissuto fino in fondo, nonostante tutti i buoni propositi.
Un omaggio a Oscar Wilde ma anche a due figure della storia trascurate e che vengono tratteggiate con amore e umana attenzione: la moglie Constance Lloyd e il critico letterario Robert Ross, il rivale nella contesa amorosa con Lord Douglas, l'infernale “Bosie” che per quanto dotato di indubbia bellezza fisica, nel suo aristocratico egoismo rivela solo una vuota bellezza senza anima.
Il film vede scorrere in mondo ondulatorio gli ultimi anni dell'esilio forzato, nella Francia del Nord e Parigi, con furtiva esilarante parentesi mediterranea a Napoli dove Wilde si ritrova ancora con il suo amante per un ultimo illusorio paradiso pagano.
Wilde vive in questi anni nell'indigenza e nella abiezione ma non manca di ironizzare e cantare la sua infelice condizione, vivendo fino al punto di morte, ancora “al di sopra dei propri mezzi”, tra i piaceri dell'alcool, l'assenzio e quegli intimi momenti chiamati “purpurei” e incontrati ai margini dei boulevards parigini.
L'ultima “luce” intravista attraverso i corpi nudi di questi giovanetti che lo accompagnano fino alla fine, come i due orfanelli, già adulti per la società ma ancora fanciulli per provare il piacere nell'ascoltare storie, in un finale rimorso e nostalgia di paternità di Wilde.
E infine quella luce cristologca, l'altra parabola oltre il racconto del Principe Felice destinato a morire ed ad essere demolito perché ormai inutile alla città. nel suo sacrificio d'amore e sofferenza. Rivissuti come un mistero eterno. (Antonio Miredi)
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