Regia di Uberto Pasolini vedi scheda film
john may quello che può fare per un estinto lo fa o almeno cerca, fa il possibile. vi si dedica con tutto se stesso come se nella vita non avesse nient'altro. e in tempi di crisi, viene per questo ritenuto un ramo secco e quindi potato dal superiore con pochi complimenti, anzi quasi con sadica soddisfazione. gli rimane però un ultimo caso a cui dedicarsi, al quale si affezionerà particolarmente dedicandovi il proprio tempo libero, che d'ora in avanti sarà tanto. le persone che finiscono sulla sua scrivania linda e maniacalmente in ordine, sono quelle persone che se anche hanno qualcuno, spesso e volentieri, non ne vogliono più sentir parlare. persone a cui rimane una gatta da vezzeggiare e con cui relazionarsi come fosse una persona. persone sole perchè non hanno più nessuno o persone sole perchè abbandonate o allontanatesi per svariati motivi. john may vive di un'anaffettività auto imposta, visita appartamenti dove spesso i corpi vengono trovati dopo svariati giorni perchè si sente una puzza tremenda o perchè l'animale domestico vaga solitario, e raccoglie pezzi di vita di quella persone per poi comporre l'elogio funebre come uno sceneggiatore comporrebbe una pagina di sceneggiatura o un dialogo. poi vi è il funerale e la sepoltura ai quali partecipa quasi sempre lui solo col prete e i becchini. john may si è già scelto il posto al cimitero in cui farsi tumulare. un posto aerato sotto un giovane e forte alberello che quando sarà grande farà una bella ombra, da cui si gode una vista che lui ogni tanto finito il lavoro va a gustarsi. ha grandi aspettative dalla sua morte, anche se poi un giorno vede la nuova addetta al suo posto versare in una buca comune, svariate urne che lui conservava religiosamente in attesa che qualcuno si facesse vivo così da chiudere il caso. la vita di john may scorre solo in rapporto al suo lavoro. ha un appartamento lindo e ristrutturato che non vive se non per mangiare il suo frugale pasto sempre uguale e per visitare l'album dei cari estinti che nessuno vuole. foto di persone sorridenti in svariate fasi della loro vita, che mostrano di quanto un tempo siano state felici. foto scattate dalla macchinetta o dal fotografo, ma anche da altre persone, amici, consorti, genitori o fidanzati. è raggelante la cura con cui quest'ometto grigio, senza fascino o attrattive si dedica alla propria vita lavorativa, tralasciando completamente il resto, se non la propria morte. il regista lo segue come un antropologo segue da scienziato le abitudini di questo ominide, così attento alla morte da non interessarsi minimamente alla vita. noi non sappiamo nulla di john may se non quello che stiamo vedendo. e quel germoglio di vita affettiva che nasce con la conoscenza della figlia del suo ultimo caso billy stoke, così primaverile, così dolce ma virulenta per entrambi, nella promessa di un tè dopo la cerimonia funebre di quell'uomo così estremo, non può che conoscere una fine inaspettata, soprattutto per un uomo così ligio e attento. troverà la morte quando starà re-imparando a lasciarsi andare ai corsi inaspettati dell'esistenza. se c'è un film di natale da andare a vedere, di sicuro è still life. una favola in piena regola, un uomo col cuore ricoperta da una patina fredda che riscopre una parvenza di felicità poco prima di andare a far parte di una seppiata natura morta finale. che il film appartenga a quello hobbit di eddie marsan è innegabile. ma dietro c'è un'idea molto forte di regia e sceneggiatura in sottrazione che pasolini spiega nella bella intervista sul numero scorso di filmtv. negli ultimi dieci minuti scorrono almeno quattro o cinque finali che sarebbero bellissimi per un film intenso, freddo e doloroso come questo. ma il finale decisivo è una shooting star che rende magico un gelido cielo stellato invernale, meglio se natalizio.
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