Regia di János Szász vedi scheda film
Con un quaderno regalato dal padre e la raccomandazione di «non smettere mai di studiare» ribadita dalla madre, due fratelli gemelli sono affidati a una nonna crudele, durante la Seconda guerra mondiale, in uno sperduto villaggio della campagna ungherese che confina con un campo di concentramento, è saltuariamente occupato dai nazisti e abitualmente tormentato da povertà, ignoranza e carestia. I ragazzini seguono le istruzioni, alla lettera: imparano dal circostante a essere disumani, si allenano con rigore all’insensibilità e alla sofferenza, si spogliano d’ogni empatia esercitandosi prima sugli insetti, poi sulle galline, infine, inevitabilmente, sugli uomini. Anche János Szász segue con puntiglio la trama di Il grande quaderno, primo capitolo della mirabile Trilogia della città di K. di Ágota Kristóf, ma qualcosa resta tra le pagine, nell’impossibilità di replicare la voce, insieme atroce e innocente, dei due protagonisti. Soprattutto nella prima parte, il film trova più di un’intuizione felice, nell’accostare un immaginario da fiaba (la nonna come un’orchessa dei fratelli Grimm) alla desolazione del conflitto, l’animazione artigianale degli appunti sul quaderno a uno scarno realismo d’ambiente. Poi il grottesco prende il sopravvento e sbanda nel mélo fuori luogo, la narrazione procede per frammenti sensazionalistici più che per necessarie provocazioni. Rimane il disagio efficacemente costruito nell’incipit, ma come sbiadito, spento.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta