Regia di Spike Lee vedi scheda film
Oldboy significa qualcosa di simile al nostro “vecchio mio!”, come quando si ritrovano amicizie più o meno passate, pertanto si può applicare anche al ritorno del film su grande schermo. Ma questi incontri, al di là dei saluti affettuosi, sono spesso un peso o un imbarazzo e anche questo, purtroppo, vale per il remake di Old Boy. Spike Lee fa per certi versi del suo meglio, si distingue da Park Chan-wook soprattutto per le scelte stilistiche, girando con tre diversi tipi di pellicola e con un look molto meno patinato, inoltre reintroduce alcuni personaggi del manga che invece il regista coreano aveva espunto. Varianti che non cambiano minimamente la storia alla base, quella di un uomo imprigionato per anni, qui addirittura venti, e costretto a indagare il proprio passato per scoprire chi gli ha fatto questo e perché. La tragedia rimane dunque potente, l’interpretazione di Josh Brolin è generosa, il combattimento inquadrato di lato è un pezzo di virtuosismo e la scena di sesso è ben sopra la media di quanto offerto da Hollywood, eppure qualcosa non funziona più. La questione cruciale è di registro: mentre Park trattava la trama come una storia sopra le righe e si concedeva passaggi dal gusto pop o comico-grotteschi, Lee invece si prende del tutto sul serio. Il suo Oldboy però non risulta più cupo o verosimile, ma solo più tetro e stanco, privo dell’energia inventiva e dell’ironia postmoderna che caricavano l’originale.
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