Regia di Slawomir Fabicki vedi scheda film
L’amore è scritto fra le righe, ma non è una gradazione di tenerezza. È una slabbratura che pende dalle incongruenze della vita, e resiste alle sue contraddizioni. Sono proprio i suoi risvolti incomprensibili ad alimentarne il mistero, a palesarne l’invincibilità. Sottrarsi al controllo della ragione, ma anche a quello del rancore, del dubbio, del sospetto è il suo millenario segreto. La vicenda coniugale di Tomasz e Maria mostra come l’imperscrutabilità dell’attrazione e del legame duraturo che ne scaturisce sia una forza sovrumana: un’energia cosmica che, all’occorrenza, strategicamente si fa piccola, si eclissa, fa finta di battere in ritirata, per consentire ai suoi nemici di uscire allo scoperto. Laddove, apparentemente, affiora la sua fragilità, i suoi avversari si fanno avanti, per metterla alla prova, per ricaricarla di quel fremito d’incertezza che, a suo tempo, l’aveva fatta nascere, imprimendole la voglia di diventare grande, andando all’avventura ed esplorando i propri limiti. La crisi ripropone la titubante freschezza delle origini, quando niente era chiaro, e tutto pareva incutere paura. La fiducia nell’altro non era consolidata, al pari della sua conoscenza, e questa incompletezza serviva da intrigante sprone. Il fenomeno si può ripetere, a distanza di anni, all’interno di una coppia ormai affiatata e stabile, giunta alle soglie del compimento del percorso matrimoniale, quale può essere l’arrivo del primo figlio. Ma qualcosa, d’un tratto, si frappone alla realizzazione del sogno comune, interferendo con la relativa promessa di felicità. E non si tratta del solito tradimento. La presenza del terzo incomodo, in questo caso, è più subdola e indefinita, è un’immagine indistinta su cui ognuno dei due coniugi più proiettare, in maniera indipendente, il proprio lato debole, vedendovi l’incarnazione dei propri sensi di colpa. Adam non è l’amante di lei, anche se con lei ha avuto un rapporto carnale. Maria non sa bene cosa prova per lui. Le ha fatto del male, ma lei non lo odia, e un po’ lo difende, anche se magari se ne vergogna. Intanto Tomasz non capisce, non le crede, comincia a odiarla, e nello stesso momento si chiede dove abbia sbagliato. L’intrusione nella loro intimità innesca un dramma che si identifica con la sensazione di aver smarrito la strada, ed aver perso di vista nell’altro, dopo aver tanto camminato insieme. La meta è stata raggiunta, ma l’orizzonte si è improvvisamente offuscato. La storia di una relazione non procede per tappe: è un viaggio che ripetutamente sfuma in un vagabondaggio alla cieca, ogni qual volta il quadro si annebbia, ed assume colori inattesi. Più che a brancolare nel buio, si è allora costretti a guardare controluce, continuando a vedere il mondo, ma senza più poterne distinguere le forme. Chi sei tu, chi sono io veramente, e cos’era più quel non so che che ci univa. Domandarselo non significa interrompere il dialogo. È come allontanarsi, per un pezzo, con i pensieri, come quando, agli inizi, in solitudine, si rifletteva sulla natura dei propri sentimenti. È farsi da parte per ritrovare la giusta inquadratura, ora che il sole ha cambiato inclinazione. La messa a fuoco è preceduta da un lungo, fastidioso sfarfallio. Il film di Slawomir Fabicki lo dipinge con delicate pennellate di reticenza, nella penombra che avvolge le case una volta piene di calore, ed ora assediate dall’insicurezza. È un modo per trasformare l’abbaglio in visione. E per fare della disillusione magia.
Loving (2012): Julia Kijowska, Marcin Dorocinski
Loving (2012): Julia Kijowska
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