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L'aquila a due teste

Regia di Jean Cocteau vedi scheda film

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La recensione su L'aquila a due teste

di kotrab
8 stelle

Un artista (fondamentale del XX secolo) estrosamente dedito alla molteplicità dell'espressione creativa come Jean Cocteau, non poteva rimanere relegato dal mondo immaginifico del cinema.

L'aquila a due teste (1948) è un esempio di collaborazione proficua tra teatro e immagine riprodotta e montata (come anche I parenti terribili, molto ammirato da A. Bazin): il titolo allude allo stemma del casato della regina protagonista (l'imperiosa E. Feuillère) che diventa simbolo dell'amore indissolubile e speculare col suo attentatore (un grande J. Marais, amante del regista). Simbologie e temi ricorrenti in Cocteau, come la morte, il destino, l'amore, la rinascita, il doppio, come e soprattutto la teatralità, sono esaltati dalla mdp, dal montaggio e dagli effetti speciali "favolistici", magici: la teatralità deve essere appunto evidenziata anche dagli apparati scenografici palesemente finti, da mondo irreale (come la stessa storia, inventata ma nata da spunti storici delle vite "artistiche" di Ludwig II di Baviera ed Elisabetta d'Austria), dai costumi sgargianti e scintillanti anche nel bianco e nero (magari sormontati da capelli ornati di stelline), perché per Cocteau realtà e irrealtà si compenetrano e non si possono distinguere nettamente, come i caratteri opposti solo in apparenza ed appassionatamente uniti dei protagonisti, nemmeno con trame clandestine o intrighi intestini alla corte. Il realismo dei fatti narrati deve essere vitalizzato da elementi irrealistici (ma non manca qualche momento più debole nella parte centrale), come la stessa natura del meccanismo cinematografico, e allo stesso modo la relazione immagine-musica deve essere contrastante per dare una pulsione, un innesto motorio intellettivo, assecondato dalla professionalità di Georges Auric, già membro dell'antitradizionalista Gruppo dei Sei parigino.

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