Regia di Dario Argento vedi scheda film
Giallo capolavoro di Dario argento
In una città italiana, nel corso di una conferenza di parapsicologia, la sensitiva tedesca Helga Hullmann, in virtù delle sue doti professionali, avverte, con immensa angoscia, la presenza, in sala di qualcuno, che ha la coscienza avvelenata, da diversi omicidi.Il soggetto in questione,puntato dalla medium, si affretta ad allontanarsi dalla sala,mentre Helga tuona contro di lui, ovviamente lo spettatore non lo vede. La sera stessa, la sensitiva a fine incontro, confessa al dottor Giordani suo collega, di sapere l'identità dell'assassino, senza accorgersi però che questi si trova ancora nel teatro e sente tutto. La donna viene uccisa, nella sua casa,testimone, si fa per dire, del delitto, è un giovane pianista inglese, Marcus Daly che abita nello stesso stabile. Mentre chiacchiera amichevolmente con l’amico Carlo nella piazzetta antistante, vede la vittima solo allorquando subisce le ultime coltellate dietro una finestra, immediatamente sale le scale, per raggiungere l’abitazione della medium, passa attraverso corridoi ricoperti di quadri, raggiunge la stanza dove si è consumato il delitto, però non riesce a incontrare l’assassino, lo vede da sopra, mentre si dilegua con indosso un impermeabile nero e un cappello, in sottofondo si sente, una nenia per bambini. Viene interrogato dalla polizia insieme all’amico Carlo, musicista di piano bar ,giovane depresso e alcolizzato. Deciso a scoprire il colpevole, comincia a svolgere un'indagine parallela alle ricerche ufficiali, aiutato dalla giornalista impicciona, Gianna Grezzi, con la quale avrà anche una piccola liaison. Marc è tormentato dal ricordo di uno strano quadro all'interno dell'appartamento della vittima, forse rimosso o spostato. Marc cercando l’amico Carlo, ne incontra la madre,che vive con lui, la svampita Martha, ex attrice ormai in declino, che lo indirizza da un certo Massimo Ricci un travestito, evidentemente amante di Carlo,il quale cerca di dissuaderlo dal proseguire le indagini. La sera, mentre suona il pianoforte nel proprio appartamento, si accorge che qualcuno è entrato in casa e sente la stessa nenia infantile e poi una chiara minaccia dell’assassino, che cerca di penetrare nella sua stanza, tuttavia anche se , in extremis, riesce a salvarsi. Il giorno dopo lo psichiatra Giordani e un suo collega ipotizzano una azzardata tessi psichiatrica, cioè la nenia potrebbe essere strumentale all'assassino, per ricostruire l’atmosfera di una certa situazione, in cui costui già ha ucciso, ed è collegata a un libro chiamato “Fantasmi di oggi e leggende dell'età moderna”, ove si parla di una vecchia villa dove, anni prima, si sarebbe consumato uno spaventoso delitto. Marc decide di contattare l'autrice, Amanda Righetti che viene puntualmente trucidata dal killer,con modalità agghiaccianti, prima stordita e poi affogata e ustionata nell’acqua bollente. Prima di morire tuttavia Amanda fa in tempo a scrivere sulla parete a specchi, coperta di vapore acqueo, il nome dell'assassino. Successivamente a causa dell'aria entrata dalla finestra aperta, il vapore si asciuga, gli inquirenti quindi non trovano e vedono niente. Giordani si reca nella casa di Amanda e notando la forma della sagoma segnata sul pavimento,che indica qualcosa, scopre l’arcano, aprendo l'acqua calda, infatti, riesce a leggere il fatidico nome sullo specchio del bagno di casa. Nel frattempo, Marc all’interno della casa abbandonata, svela dietro un intonaco, un disegno infantile, raffigurante un bambino con un lungo coltello in mano e un uomo con il petto inondato di sangue, con un albero di Natale sullo sfondo. Giordani invece non fa in tempo a comunicare il nome dell’assassino, viene barbaramente ucciso prima.Tutte le volte che Marc sembra avvicinarsi alla verità,qualcuno muore, la sinossi deve necessariamente interrompersi qui, per evitare spoiler a quei spettatori, immagino pochi, che non hanno ancora visto questo film ormai leggendario. Apoteosi stilistica e creativa di Dario Argento, perfetta sommatoria delle sue più geniali invenzioni, spartiacque tra l'iniziale fase thriller e quella più marcatamente horror che sarebbe seguita, da lì in poi. E difatti il film è un ibrido tra questi due generi. In Profondo rosso, il cineasta romano compie un’operazione di regia coraggiosa e inedita, per il giallo classico, mostra il volto dell’assassino dopo appena pochi minuti,dall’inizio, tuttavia nessuno lo vede,perché il regista giocando abilmente con le tecniche della percezione visiva, non permette allo spettatore di metterlo a fuoco cosi,come Marc, sa di aver visto l’omicida, eppure non riesce a identificarlo. Peraltro il protagonista il compianto David Hemmings, sembra un inetto, non riesce mai ad accendersi una sigaretta, non riesce nemmeno a comunicare, intralciato dai rumori del bar quando prova a telefonare a Gianna,o quelli delle auto, che circondano la cabina, quando tenta di contattare Giordani, tuttavia come lui stesso ribadisce è un artista, è sensibile e ha intuito e quindi troverà alla fine il bandolo della intricata matassa. Attraverso questo incredibile, e letterale, gioco di specchi, Dario Argento costruisce una storia accompagnando lo spettatore su false piste, a ritmo di jazz, che torna nel film sia nella colonna sonora che nella attività del protagonista, compositore e pianista,ma soprattutto nella scansione narrativa, cioè libero da vincoli, con divagazioni di ogni tipo, come le riprese con la Snorkel, o quella del puppet costruito dal mitico Carlo Rambaldi. Argento usa la macchina da presa come Hitchcock o De Palma, con estrema perizia e istrionismo, anche il montaggio è sontuoso, solo nella sequenza iniziale, nel Teatro Carignano, ci sono quaranta tagli, quasi di tutti da prospettive differenti, tra soggettive insistite dell’assassino e dettagli del volto sconvolto della medium Helga. Dentro a questo scenario,ben accompagnato dalla musica di Giorgio Gaslini e dai Goblin, che riprendono cantilene infantili e le sviluppano elettronicamente, c'è una messa in scena fastosa e barocca. L'omicidio, diventa occasione ghiotta per Argento, di esibire performance dal tratto spiccatamente “grandguignolesco”, grazie anche alle interpretazioni di attori, per lo più di provenienza teatrale, di altissimo livello. Nel suo genere un capolavoro
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