Regia di Dario Argento vedi scheda film
Sangue e finezze, umorismo ed angoscia: e poi ci si chiede perché sia rimasto nella storia del cinema
Un pianista si trova invischiato suo malgrado in un caso di omicidio.
Il salto in avanti che l’horror – o comunque il thriller – ha fatto ai tempi con questo film penso sia irripetibile ai giorni nostri. Questo accanimento sul business, se in America è presente dalla notte dei tempi, qua da noi è stata la rovina.
Il gusto esagerato che ai tempi questo film poteva permettersi ne è la prova, non tanto grottesco quanto sempre e comunque sorprendente.
Non parliamo di un buon thriller che si riconosce tra gli altri, parliamo proprio di un bel film riconoscibilissimo tra vari capolavori assoluti, tra i vari drammi e commedie. Quando non è il ritmo, la tensione o l’orrore a farla da padrone; ci pensa la trama: non c’è un personaggio che passi inosservato, che non sia interessante o che non abbia una storia alle spalle; non c’è un attimo dove non accada qualcosa passando da una trama serrata ad una quasi da commedia nera.
Non si può restare indifferenti al barocchismo di Argento: colori, movimenti di macchina sontuosi, fotografia ed inquadrature impressionanti. Le scene degli omicidi poi fanno un contrasto pazzesco data la bellezza del film in sé: scene orchestrate da restar di sasso, esagerate, insopportabili, sadiche, che non lasciano spazio alla fantasia.
E poi c’è il fiore all’occhiello, la colonna sonora. Escludendo la famosissimo canzone d’apertura, i pezzi sono tutti da infarto: tesi, angoscianti, che danno il colpo di grazia al clima claustrofobico.
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