Regia di Filip Marczewski vedi scheda film
I limiti. Tutti li vogliono superare: Gli amori giusti o sbagliati, veri o finti, sono comunque legami che premono per spezzare i vincoli esistenti, come quelli della tradizione, della morale, a volte della stessa natura. Opporsi ad un matrimonio combinato. Innamorarsi della propria sorella. Offrire la propria moglie in cambio di favori elettorali. I desideri si oppongono alla decenza, in tutte le accezioni del termine. In questa storia si intrecciano gli impulsi che non rispondono a nessuna ragione, se non a quella del sogno proibito che offende il senso comune, ma non per questo può essere facilmente messa da parte. L’incursione in quel terreno minato può essere anche molto breve, magari solo tentata, ma nessuno la può impedire. È troppo forte il richiamo della trasgressione, che a volte trascina con sé il sentimento, a volte, invece, si consuma nella più totale freddezza. Anka, Tadzik, Irmina e Andrzej formano un quadrilatero di unioni paradossali, che si combattono per poi rassegnarsi all’irrimediabile sconfitta. Il principio secondo cui volere è potere non è che una fugace illusione, che si accende per un attimo per poi spegnersi per sempre. La luce va e viene. Come l’energia elettrica che viene tagliata ad un utente moroso, o le fiamme delle bottiglie incendiarie che squarciano il buio di una festa notturna. Vedere o non vedere è una scelta che confonde l’immagine della realtà, rendendola un’allucinazione intermittente tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna. Il regista Filip Marczewski si impegna a sviluppare il racconto lungo il filo dell’ambivalenza, con i dilemmi che si risolvono istantaneamente, come il passaggio di un lampo, per poi essere riconsegnati all’oblio. Le ipotesi diventano visioni, circondandosi di una labile ed intensa passionalità, che può essere assurda, spavalda, oppure violenta, in ogni caso anomala ed impossibile da trasformare in un rapporto duraturo. Le barriere si sfondano per gioco, ma con intenzioni serie. Si pecca con convinzione, e con tristezza ci si ritira, senza il beneficio illuminante del pentimento. È l’umanità che procede a tastoni, immaginando che il futuro non sia un problema di oggi. Irmina conosce l’arte divinatoria, che appartiene alla tradizione della sua gente, ma per Tadzik si tratta solo di una magica fantasia, incapace di infrangere il mistero della vita. Gli oracoli di lei lo affascinano, anche se non ci crede. L’incanto regge fintantoché le predizioni rimangono sospese nel dubbio, al riparo dal confronto con la concretezza. Anka si abbandona ad una relazione con Andrzej, benché questi sia un farabutto, perché la cecità autoimposta le procura un’allucinazione di felicità. Tadzik, a sua volta, mette a tacere la voce del sangue, per poter vedere in Anka la donna della sua vita. Tutte meteore che si dissolveranno nell’aria, o si schianteranno rovinosamente al suolo. Non c’è ricompensa per aver oltrepassato i confini della vergogna. La vittoria sulle regole, le inibizioni, i pregiudizi è un futile trofeo personale. Dopo il trionfo la scena si chiude. E tutto ridiventa normale come prima. Bez Wstydu mostra, provocatoriamente, l’inutilità delle nostre lotte, nobili o meschine che siano, combattute per affermare la nostra eccezionalità, e immancabilmente perse.
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