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Star Trek Into Darkness

Regia di J.J. Abrams vedi scheda film

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La recensione su Star Trek Into Darkness

di alan smithee
4 stelle

J.J Abrams è il giovane regista attualmente più quotato e garanzia di successo nella Mecca hollywoodiana. Dopo aver rivoluzionato i gusti e le tendenze televisive con fenomeni  astutamente infiniti (e altamente discutibili) come Lost, oggetto ancor oggi di dipendenza cronica da parte di milioni di spettatori, il poker di pellicole che ne e’ seguito ha sempre riscontrato un gran successo di pubblico che lo elevato al rango dei più brillanti “re mida” losangeliani dell'ultimo decennio.  
Ma più che a uno Spielberg - autore che più di ogni altro sa infondere animo e cuore anche in prodotti commerciali di massa, assicurando un livello qualitativo che non è quasi mai sceso sotto il livello dell’eccellenza - Abrams è assimilabile a mio avviso maggiormente al calcolo commerciale astuto e ultra-programmato di un George Lukas, un imprenditore-stratega con indubbio talento visivo che trova una epopea irresistibile su cui lavorare e ci campa (arricchendo il suo impero) una vita. Abrahms, più prudentemente del suo mentore, diversifica le sue scelte e recupera filoni gloriosi del passato (un'imbolsito Star Trek appunto e ora promette - o minaccia - prossime incursioni proprio nella saga ideata e prodotta da Lukas) e serials televisivi già riportati al successo da eccellenti autori in vena di far soldi (Mission Impossible nel caso specifico) per consolidare la sua posizione. Certo le capacità ci sono, la classe anche, quella che gli permette di dirigere il film più personale e ambizioso, quel Super 8 tanto osannato, tuttavia sempre molto lontano dai risultati dello Spielberg amche più commerciale e facile. Questa seconda avventura della saga di Star Trek, reboot di una serie infinita a sua volta prosecuzione di una gloriosa saga televisiva che inevitabilmente stava viaggiando sullo smalto e il trucco di un'epoca ormai datata e demodé, parte bene, con il sacrificio di Spock all'interno di un vulcano in via di eruzione che minaccia un pianeta in piena evoluzione. Un'azione che nasce già precostituita come nei classici e generalmente mozzafiato incipit bondiani e che si traduce in una corsa contro il tempo per salvare un amico insostituibile del giovane capitano Kirk. Valore dell'amicizia che valica ogni più remoto confine, senso del sacrificio e rifiuto delle regole più basiche quando si tratta solo di stupide formalità e vuote convenzioni che potrebbero mettere in pericolo legami decisamente più importanti. Poi un nemico oscuro come non se ne vedevano da parecchio, interpretato con fascino da quel Benedict Cumberbatch che converrà tenere d'occhio con più attenzione, un'oretta di divagazioni un po' vacue per accumulare tempo e motivazioni ed arrivare infine al solito finale sul filo del rasoio, in una corsa contro il tempo, vertigini ed equilibri, dove naturalmente una vita vale molto di più di destini di pianeti e galassie. Tutto bello e tanti bei discorsi aulici, Spock che da vulcaniano integerrimo fino all'insensibilità, propria della sua specie, si umanizza diventando una mammoletta svenevole che ricorda Melania di Via col vento, effetti stupefacenti e musiche roboanti di origini semi italiche; insomma si esce dalla sala storditi ma anche un po' vuoti, come dopo esser scesi da un gioco mirabolante ma anche un po' pericoloso per la propria funzione digestiva.
Ecco Abrams è un po' così, una fiammata stupefacente che si spegne troppo presto. Meglio allora, a mio sindacabilissimo avviso, la genuina ingenuità di Prometeus e di un regista un po' più all'antica (ma non troppo) come Scott, meglio la sua storia un po' raffazzonata necessaria per creare un antefatto minimamente plausibile con la saga che generò il mito, quello vero, nato per il cinema e distinato a sopravviverci.
 

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