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Kick-Ass 2

Regia di Jeff Wadlow vedi scheda film

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La recensione su Kick-Ass 2

di M Valdemar
8 stelle

Ok, Kick-Ass 2 è una figata.
Tecnicismi a parte, l’impresa (non facile) di confermare l’aura di cult fieramente maleducato che caratterizzava il numero uno, può dirsi riuscita. Certo, considerazioni su un generale spostamento verso qualcosa di fisiologicamente diverso, vanno fatte; e più avanti si dirà. Resta il fatto che anche Kick-Ass 2 è davvero una figata.
L'operazione-presa per il culo (termine tecnico #2, e non è finita qui …) di tutti gli stereotipi - o «archetipi», come subdolamente corregge il supercriminale allo sfortunato “maggiordomo” interpretato da John Leguizamo in riferimento agli alias da attribuire ai seguaci malvagi di varia etnia - di cui è ricolmo ogni cinefumetto che (non) si rispetti, prosegue spedita al ritmo folle di uno spirito insolente e volgare sempre più eccessivo, più “totalizzante” e cannibalizzante.
Procedendo (pure troppo) per accumulo (di personaggi, situazioni al limite, scurrilità), le vicende del supereroe senza alcun potere o talento particolare (se non quello di “esistere”) nonché sfigato Kick-Ass continuano il loro cammino nei binari della “normalità” (laddove invece il piglio è decisamente “anormale”).
E così mentre la fenomenale Mindy/Hit-Girl entra nel mondo selvaggio del liceo con (s)venture sul genere Mean Girls e deve fare i conti con gli effetti dell’adolescenza (tensioni sessuali incluse), il protagonista, smanioso nell’affermarsi come combattente tout court si ritrova suo malgrado a compiere un percorso ad ostacoli che sono stati posti quando - vedasi gli eventi narrati nel primo capitolo - gli venne l’idea brillante e geni(t)ale di indossare la calzamaglia del supereroe. In sintesi: le conseguenze; poiché ad ogni azione (buona o cattiva o fuori di testa che sia) corrisponde un fottuto fottio di reazioni assurde, incontrollabili e decisamente avverse.
È questo il tema ricorrente, persino insistente che avvolge l’intera pellicola come un profilattico fosforescente usato e pure bucato. Già, le conseguenze (e le responsabilità, che ci sono anche se non si possiede alcuna facoltà speciale) hanno un peso vero e serio in quella che è “la vita reale”, che non è un fumetto o un live action per adolescenti (mal) cresciuti a cereali e bombardamenti “intelligenti” dei media.
Gli effetti riguardano tanto gli affetti di Dale/Kick-Ass (la ragazza che lo molla; il padre che, sacrificatosi per salvaguardare il figlio, muore; il distacco da uno dei migliori amici) quanto la perfettamente alienata trasformazione dell’antagonista, che da quasi innocuo Red Mist muta nel nero vestito molto fetish Mother Fucker con propositi di vendetta così come di portare il Male e il caos in città. Uno psicopatico del cazzo, insomma, dai modi e comportamenti tremendamente infantili e con enormi risorse a propria disposizione, sia economiche sia “umane” (cioè altri schizzati da arruolare per la causa).
È un giochino facile facile - ma molto “colto” e benfatto - concentrare su quella figura puerilmente allucinata e profondamente disturbata molta della (in)sana irriverenza e cattiveria che caratterizza la serie: devastanti alcune gags che lo riguardano (vedi la scena in cui vorrebbe stuprare la nuova ragazza dell’eroe e rimane, per così dire, allo stato moscio, industriandosi per porre rimedio salvo rinunciare presto; oppure quando così Kick-Ass lo apostrofa: «te lo dico io chi sei: un bimbominkia!»).
Sì, per fortuna a stemperare tanti (già troppi) discorsi seri e ad intingere la (altrimenti pallosa) materia nei balordi fluidi della catartica arguta ironia rimane, e persiste, lo spirito fieramente “cazzone” (ma non ignorante: guai a sottovalutare questo aspetto). Il divertimento, lo spasso per chi assiste con sguardo complice e bocca aperta, tipo il sottoscritto) si sublima come una felice evacuazione dopo un doloroso periodo di stitichezza in una volgarità presente che non copre ma piuttosto assiste l’inelegante esuberante scalciante corpo filmico.
Francamente esilaranti diverse battute (Hit-Girl che, riunita con l’”ape regina” e compagnia, fa: «preferirei essere torturata piuttosto che ascoltare Justin Bieber!», e non abbiamo alcuna difficoltà a crederle; oppure, sparso tra i tanti spassosi pensieri: «tutti vorrebbero farsi Scarlett Johansson», nessuna difficoltà anche qua …), come alcune situazioni con tanto di vomito e liquidi fecali (profumo di vendetta, firmato Hit-Girl) e l’aria di assoluta buffonaggine che circonda ogni apparizione (nonché autodefinizione) del pittoresco deviato Mother Fucker.
Funziona la necessaria introduzione di nuovi personaggi, perlopiù ascrivibili ai membri delle opposte fazioni di supereroi, i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Tutti più o meno un minimo spostati, disadattati o con discutibili trascorsi o qualche sciagura alle spalle.
Spiccano tra i volti nuovi l’eroina dal nome (per nulla) equivoco Night Bitch (Lindy Booth, l'effervescente “ragazza della pizza” di October Road) e Doctor Gravity (Donald Faison, noto come il Dr. Turk di Scrubs), mentre, da “normale”, senz’altro merita menzione il pazientissimo tuttofare del malvagio Mother Fucker, Javier (il bravo John Leguizamo).
Discorso a parte per Jim Carrey: quasi irriconoscibile nei tratti somatici, il suo personaggio - Colonnello Stars and Stripes, armato di sani valori ed accompagnato da un cane addestrato ad azzannare il basso ventre, avrebbe potuto essere sfruttato meglio; il tempo a disposizione era più che sufficiente, eppure è evidente che qualcosa è mancato. Peccato, perché un Jim Carrey non te lo ritrovi tutti i giorni.
Bene i vecchi, da Aaron Taylor-Johnson (difficile immaginarlo nei panni sfigati di Dale/Kick-Ass dopo averlo visto in Anna Karenina e Le Belve …) alla talentosa Chloë Grace Moretz (inizia a mostrare qualche smorfia di troppo, ma Hit-Girl rimane un personaggio fantastico) al simpaticissimo Christopher Mintz-Plasse che con The Mother Fucker raggiunge favolose vette (insomma, ogni volta che appare in scena parte l’ilarità quasi irrefrenabile).
Non ha nuociuto neppure il “pericoloso” cambio in cabina di regia: subentrato a Matthew Vaughn, rimasto in veste di produttore, Jeff Wadlow, già autore del non eccellente Nickname: Enigmista e dello scadente Never Back Down, dirige (e sceneggia) con gusto, stando attento ai tempi, ed in sostanza adeguandosi brillantemente allo stile, allo spirito del primo Kick-Ass.
In conclusione, e fermo restando (anche se non ci sarebbe bisogno di dirlo …) che non si sta parlando di un capolavoro immortale della settima arte, il film va preso per quello che è: grandioso godurioso intrattenimento.
A quando la prossima puntata?

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