Regia di Mauro Santini vedi scheda film
Mauro Santini ci ha regalato l’altra notte due cose bellissime, a cominciare dai titoli, entrambi di grande seduzione e coinvolgimento. Chi non ha mai atteso l’estate (o un’estate)? Pare che sia un destino ineludibile , quello di rincorrere, rimpiangere e infine riprogettare il disatteso (tre iterativi per qualcosa che sta nell’altro calendario) . E chi non ha mai pensato, almeno una volta, di percorre a ritroso il corso di un fiume: di vedere compiuto – cioè perfetto – quel tracciato d’intelligenza che la natura disegna secondo i suoi accidenti e il suo sapere davanti a noi: placato, travolgente, impervio, mosso, sinuoso e infine (o meglio dapprincipio) timido, furtivo e improvviso, come nel sismogramma delle nostre passioni? C’è qualcosa di mistico e profano in questo scendere risalendo, e infatti per avvicinarsi all’invisibile alfa, per farsi luce tra le intricate diramazioni, bisogna strizzare gli occhi, orbarsi addirittura, restringere il campo, guardare con fede o fiducia di scoprire o di ritrovare. Metà asceta, metà scienziato, l’uomo del parco nell’esplorare si scopre uomo intiero, e allora inventa o modella, raccoglie e cura, e ne viene a sua volta raccolto e curato. Ma proprio qui, in questo difficile travaso da mondo a mondo, in questa simbiosi del desiderio, ciò che prima appariva perfetto, ora si riproduce, o si emana, stanco, innaturale: i simboli sembrano impallidire, l’innesto fallisce.
Maestro delle modulazioni cromatiche, poeta della notte e delle sue linee - oscurità che riesce ad animare anche sullo schermo, che a tratti pulsa come un incantato e prezioso fondale - Santini ci dona un mondo di immagini stupefacenti, e poiché egli stesso sembra tremare e fermarsi davanti alla loro bellezza, noi ammiriamo e volentieri rispettiamo il suo pudore.
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