Regia di Michael Winner vedi scheda film
L'ho rivisto da poco, ma con ancora la sensazione che mi procurò quando lo visionai all'uscita. A mio parere, il film regge ancora bene i 40 anni di vita sia perchè il ritmo - pur non frenetico - è comunque incalzante e culmina nella doppio colpo di scena finale, sia perchè propone temi "filosofici" sul significato nella storia della parola assassino (la maggior parte degli eroi popolari lo era) e sul parallelo fra l'assassinio umano e quello istituzionale (finanza, guerre, ..). Mancano gli effetti speciali a cui siamo abituati ora, ma l'azione c'è lo stesso.
Maniacale la cura degli aspetti relativi alle tecniche utili a creare morti o incidenti provocati.
"Sai cosa vuol dire la parola 'meccanico' con un'altra accezione?" "Sì, vuol dire croupier in un casino o .. killer a pagamento"
Arthur è un "meccanico" iper-professionale: le sue vittime devono tutte essere uccise mettendo in scena plausibili incidenti domestici, malattie o cose del genere. Quando riceve la comunicazione di una vittima, Arthur la studia a fondo, si prepara, ne conosce abitudini e soprattutto le debolezze; poi, colpisce. Non guarda in faccia nessuno, lui: anche quando si rende conto che la prossima vittima è un suo amico, Arthur prosegue il suo modus operandi come nulla fosse. E quando il figlio del suo amico, alla morte del padre, si sente attratto da lui e lo vuole conoscere e infine imitare, Arthur vede l'occasione di tramandare anni di esperienza in un giovane tanto spavaldo e cinico quanto intraprendente. Fino a quando, finito il tirocinio teorico, comincia l'esperienza pratica senza non poche sorprese...
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