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L'insolito ignoto - Vita acrobatica di Tiberio Murgia

Regia di Sergio Naitza vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'insolito ignoto - Vita acrobatica di Tiberio Murgia

di hallorann
8 stelle

2010. Casa di riposo di Tolfa, Tiberio Murgia si accende una Merit e si presenta. Il documentario L’INSOLITO IGNOTO del giornalista e critico de “L’Unione Sarda” Sergio Naitza parte dalla fine dell’acrobatica vita da caratterista nel cinema e nella vita dell’attore nato a Oristano il 1929 e morto nel 2010. “Mario Monicelli mi ha cambiato la vita…”. 1957, Murgia lavorava come sguattero in un ristorante e il regista viareggino lo convoca per un provino. Da poco trasferitosi dalla Sardegna nella capitale, Tiberio entra dalla porta principale del cinema, I SOLITI IGNOTI, al fianco di Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e Totò. Esordisce insieme a Claudia Cardinale, “questo sguardo, questi occhi che aveva, queste sopracciglie e questa presenza…” . Monicelli li cuce addosso la parte di Ferribotte, un siciliano mariuolo e geloso che tiene segregata in casa la sorella Carmela, lo sguardo altero c’è, la presenza pure e il doppiatore Renato Cominetti fa il resto. Diventa una maschera inconfondibile, un caratterista incorniciato come siculo (per sempre), tranne in alcune incursioni come sardo (rare forse solo due) o come arabo. I tratti somatici mediterranei si prestano facilmente a queste trasformazioni. L’INSOLITO IGNOTO si sofferma anche sul Tiberio uomo, il quale conobbe la fame, lasciò la prima famiglia per farsene un’altra e tante avventure, balle e fama di impenitente donnaiolo. Attraverso interviste a una sorella, agli amici d’infanzia, ai figli oristanesi si ricostruisce la sua vicenda di manovale povero ma ambizioso, comunista che viaggiava a Olbia per studiare da compagno e che venne espulso dal partito perché ebbe una relazione extraconiugale (prima balla sesquipedale). Veniva chiamato “Castia crasa”, colui che guarda avanti per via di quello sguardo e della testa tesa in avanti che gli porteranno fortuna. Gira un centinaio di film, pochi memorabili: I SOLITI IGNOTI, LA GRANDE GUERRA, AUDACE COLPO…poi tante parti piccole e grandi, soprattutto in commedie, decamerotici anni settanta, poche incursioni in tv, partecipazioni straordinarie in piéce teatrali. Riguardo a queste ultime si raccontano le reazioni scomposte del pubblico quando scopriva che la sua vera voce non era quella del grande schermo, mancati linciaggi da parte dei siciliani all’uscita dai teatri etc. Una figurina “criticata” anche da critici di vaglia come Goffredo Fofi ed Emiliano Morreale, quale rappresentante di un modo di diventare attori forse non più possibile, un caratterista più vicino alla commedia dell’arte che alla macchietta. Marco Giusti sottolinea che la sua fortuna fu quella di non diventare mai un protagonista, di non bruciarsi come capitò ad Alvaro Vitali per esempio. Lando Buzzanca lo definisce “uno spermatozoo impazzito…quello che io ero sullo schermo lui lo era nella vita”. Ed è vero, come li rimprovera l’ultima figlia, l’aver scialacquato soldi, abbandonato famiglie, inseminato donne…E lui a un certo punto pentito se ne rammarica. Con la sua terra non ebbe un buon rapporto, lo dimenticarono e ci soffrì, solo negli ultimi anni è stato accolto in città, premiato e festeggiato. Le colleghe di lavoro testimoniano quasi tutte un buon ricordo: buffi e ironici una irriconoscibile Gina Rovere, teneri Giorgia Moll, affettuosi e sinceri Claudia Cardinale che pianse alla notizia della sua scomparsa. Negli ultimi anni, forse per la pena del contrappasso, venne abbandonato dall’ultima compagna molto più giovane, la figlia a modo suo lo ha confortato e perdonato. Ciò non ha tolto che in una puntata televisiva di Carlo Conti il buon Tiberio non abbia perso il gusto della bugia bella grossa che non sto qui a raccontare perché davvero incredibile. Naitza ha documentato questa monografia in cui la vita si è (con)fusa con il cinema, introducendo dei capitoli-anagrammi del suo nome e cognome conferendogli un taglio filologico e non troppo compiaciuto. La versione integrale di 100’ probabilmente è troppo lunga ma esaustiva dell’indimenticabile…”altero Murgia, altero!”, come urlava Monicelli.

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