Regia di Silvia Luzi, Luca Bellino vedi scheda film
Milano, agosto 2009: all’interno del capannone della INNSE, l’ultima fabbrica ancora attiva nel Comune di Milano, quattro operai occupano un carroponte a 20 metri di altezza, per bloccare lo smantellamento dei macchinari e impedire la chiusura dello stabilimento in nome dell’Expo?2015. Dell’arte della guerra, presentato al Festival di?Roma 2012 e distribuito in sala da Lab80, richiama Machiavelli e - sin dal font del titolo, che è quello della Innocenti - vuole essere un manuale di lotta nel territorio della fabbrica. Un luogo che sembra repellere il cinema italiano, l’esposizione universale, l’immaginario contemporaneo. Gli operai della INNSE sono le figure esemplificative e insieme gli estensori del testo: il film ricostruisce la loro storia, tramite la cronaca dei materiali d’archivio, e raccoglie le loro testimonianze. Ricordando agli occhi di chi guarda le fabbriche svuotate e alle orecchie di chi ascolta le loro voci che quello di lotta di classe non è un concetto estinto, ma è solo negato dall’ideologia del tardocapitalismo. Quattro atti (Individuare il nemico. Formare un esercito. Difendere il territorio. Costruire una strategia.) che affermano un modus operandi politico cosciente che umilia la dinamica pubblicitaria, la richiesta del caso umano che cerca l’eco dei media e ne viene sfruttato. Reclamando Marx e Sun Tzu, i quattro si scontrano con le immagini, con il miserere livido del paesaggio industriale, con le rovine delle fabbriche dismesse che sono i teatri abbandonati dei loro monologhi, le macerie di un mondo obliato. E vincono.
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