Regia di Paul Schrader vedi scheda film
Giovane e cinico produttore hollywoodiano viene convinto dalla fidanzata a scritturare per un film l'aitante ragazzo della sua segreteria. Quando scopre che l'attore è in realtà l'amante della sua infedele compagna cercherà dapprima di mandare a monte il film e successivamente di boicottarne la relazione sfruttando il suo potere e le sua abilità manipolatorie. Quando il gioco gli si rivolge contro non esita a ricorrere all'omicidio.
Tra l'incipit di una scena surreale che decreta la morte del contro campo nei dialoghi scompagnati di inebetiti commensali ed un tour guidato tra i fondali posticci ed i luoghi simbolo di una ostentata e provocatoria oleografia losangelina, si rivela la consapevole inconsistenza del discorso cinematografico di Paul Shrader impegnato a dirigere un teatro di marionette che scimmiottano la superficialità e l'edonismo di una trama da soap opera in questa sorta di manifesto poetico di una Cronaca dall'Era del dopo-cinema.
The Canyons (2013): Una scena del film
The Canyons (2013): Una scena del film
The Canyons (2013): Una scena del film
Se lo scopo dichiarato di un'operazione di lifting cinefilo come questa non sembra quello di rinverdire i fasti del noir provocatorio o della critica arguta agli spietati meccanismi ed al vuoto di valori della dorata fabbrica dei sogni secondo Robert Altman ('I protagonisti' - 1992), il film di Schrader appare più come il tentativo di dirci quello che il cinema non è più in grado di dire, esasperandone così gli aspetti più superficiali attraverso la disarmante scabrezza della messa in scena ed il pretesto di un plot cinematografico che si sviluppa nel dietro le quinte di una storia di relazioni manipolatorie, dove l'attore di un film da quattro soldi che non si farà mai è l'amante sincero della compagna di un cinico e disilluso produttore e il fidanzato di comodo della ingenua e ignara segretaria.
A questo di riduce il cinema secondo Paul Shrader, ad uno spettacolo metacinematografico dove gli attori si dichiarano tali e finiscono per indossare i panni di killer psicopatici per un finale degno del nichilismo sanguinario di Bret Easton Ellis o del potere demiurgico che li condanna alla logica combinatoria di un rendez-vous da 4 amici al bar di un epilogo che ricomincia quello che sembrava aver concluso.
The Canyons (2013): Una scena del film
Che il meccanismo funzioni o meno questa è tutta un'altra storia, tra l'inespressività più che funzionale di un James Dean che torna a spogliarsi a comando ed una sorprendende e matura Lindsay Lohan degna delle più perverse ossessioni e della sconcertante visionarietà del miglior David Lynch ('Mulholland Drive' - 2001) ridotti alle inconsapevoli pedine di un gioco più grande di loro.
The Canyons (2013): Lindsay Lohan e James Dean
The Canyons (2013): Lindsay Lohan
Un cinema residuale e nichilista in cui le contorsioni della trama ricapitolano l'estetica del cinema di genere nel vuoto pneumatico di una disarmante inconsistenza, passando dal melodramma patinato e ammiccante al soft-core più spinto fino agli echi perduti di un noir fuori tempo massimo e riducendo i caratteri agli sterili simulacri di una Hollywood che non esiste più.
Il Cinema è morto. Lunga vita al Cinema!
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