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The Canyons

Regia di Paul Schrader vedi scheda film

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La recensione su The Canyons

di FilmTv Rivista
8 stelle

Doppia coppia sul tavolo dello script: Christian & Tara, Gina & Ryan. Un produttore & la sua compagna, la segretaria & l’attore raccomandato nel nuovo film del producer. Il rapporto nascosto tra Tara e Ryan, scoperto da Christian, è la tessera che innesca l’effetto domino di delitti e castighi. Paul Schrader incontra Bret Easton Ellis sceneggiatore: un cinema di lacerato calvinismo, in cui l’immagine è sempre scissa tra la colpa e il desiderio, il peso della vergogna e l’ansia di redenzione, si ridimensiona agli streaming di Netflix (tramite cui il film è stato distribuito), al corpo sfatto di un’altra divetta maudit (Lindsay Lohan) e di un pornoattore (James Deen), mentre la scrittura di chi s’è sciolto nello status quo dell’immaginario continua a raccontarne il degrado, dopo che nelle pagine degli ultimi e incompresi Lunar Park e Imperial Bedrooms aveva narrato solo di detriti e paranoia, di identità frantumate ma superficiali, di sequel infedeli, incoerenti, fallimentari. Sono modi e frasi rituali quelli che abitano The Canyons, come se il cinema ricordasse solo i momenti elementari della sua storia e li riproducesse a stento; come se i generi, il noir soprattutto, fossero una forma evacuata, narrazione solo superficiale in cui i protagonisti non elaborano pensieri, ma reagiscono soltanto, attingendo a un dizionario di parole e gesti limitato, come automi per cui la memoria è solo materiale accumulato, privo di coscienza (è moralismo critico che si fa immagine: chi cerca profondità ritorni al romanzo ottocentesco). Anche il mélo s’arrende al primo ostacolo di crisi: l’amore è impossibile, perché finisce, soprattutto, per amore dei soldi. Il ritmo del dialogo è alienato, gli occhi sono vacui, affogati nei cristalli liquidi degli smartphone, il sesso e l’omicidio sono squarci nell’ovatta del reale, i cinema chiudono, i canyons sono le strade di L.A. al netto dei sogni un tempo fabbricati, quando le storie su pellicola erano i miti con cui raccontare e raccontarci. Oggi, quando la protagonista guarda film in tv, le immagini lasciano il posto a una chat: non è il cinema - da tempo - ciò che definisce l’immaginario, la paura e il desiderio, ma è la rete, la messaggistica istantanea, la memoria dei social network, lo schermo minuscolo di un tablet. Al posto dei film, qui, c’è il controllo della vita degli altri. The Canyons è una rovina, un’allucinazione di lucidità annichilente, come solo Cosmopolis di Cronenberg.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2013

Autore: Giulio Sangiorgio

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