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Calvario

Regia di John Michael McDonagh vedi scheda film

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La recensione su Calvario

di Peppe Comune
7 stelle

Vedovo, con una figlia da veder crescere (Kelly Reilli) e con un passato da alcolista alle spalle, Padre James Lavelle (Brendan Gleson) è una figura di prete alquanto rassicurante, buono e sincero, tanto prodigo nell'aiutare il prossimo quanto risoluto nei modi di fare. Nel piccolo paese sulla costa irlandese dove dice messa, Padre Lavelle è circondato da una umanità variamente peccatrice che sembra provare un piacere sadico nel ritorcergli contro tutti i buoni propositi che lui nutre verso di essa. Un giorno, durante una confessione, un uomo gli racconta che da bambino ha subito delle violenze sessuali da un prete. Aggiunge poi che vuole farsi giustizia e che siccome il “suo” prete pedofilo è morto lui vuole fare del male ad un prete buono come Lavelle, per dimostrare cosa si prova a violentare gratuitamente l'innocenza. Lo lascia dicendogli che tra una settimana esatta a partire da quel giorno, in un luogo convenuto, lui lo ucciderà senza pietà. A Padre Lavelle non gli resta che aspettare, e intanto fa il prete che ascolta tutti e su tutto cerca di dare i consigli più adeguati. Continuando ad affrontare ogni giorno il suo personale calvario.

 

Brendan Gleeson

Calvario (2013): Brendan Gleeson

 

“La prima volta che ho assaggiato lo sperma avevo sette anni. Sono stato violentato da un prete”. Parte forte “Calvario” del regista irlandese John Michael McDonagh, con un dialogo in confessionale tra uno sconosciuto e Padre Lavelle che lascia subito intendere che nulla sarà “politicamente corretto” in questo film, ne il modo con il quale viene esplicitato il tema spinoso della pedofilia che investe l'intero mondo ecclesiastico, ne tantomeno la natura del tutto arbitraria con la quale si decide di dare corso alla giustizia degli uomini. Poi c'è Padre Lavelle, una figura di prete piuttosto sui generis, con degli slanci da vecchio ribelle che ogni tanto intervengono a palesare aspetti "originali" della sua esuberante personalità. É comunque un ottimo servitore di Dio Padre Lavelle, buono e caritatevole, sinceramente votato all'amore verso il prossimo, un amore che si nutre di spirito di comprensione dell'altro e non di mera forma. Il suo calvario consiste proprio nel predisporsi sempre a voler capire il punto di vista degli altri ma di non essere mai capito fino in fondo, di non esprimere mai giudizi assoluti su qualcuno ma di sentirsi perennemente sotto giudizio. Per questo Padre Lavelle si può porre come figura emblematica di questo tempo, per il suo essere il tipo d'uomo che, nel mentre arriva a giustificare come unici compromessi possibili quelli che lo fanno stare bene con la propria indole cristiana, si scopre vittima inconsapevole di colpe che non gli sono proprie. Simbolo di una coscienza critica posta in deroga dall'incipiente "scristianizzazione" del mondo. Perchè lui al centro del suo mondo vi ha posizionato l'uomo con tutto il suo carico di complessità esistenziali, il suo corpo martoriato dai problemi di tutti i giorni e non una sua copia sbiadita come quella che spesso si può ricavare dalla pedissequa osservanza della regola religiosa. Il suo umanesimo gli deriva dall'intelligente spontaneità di chi sa ascoltare senza sentenziare. Il regista irlandese ne fa insomma una sorta di paradosso vivente , un prete che cerca di fare solo del bene ma che riceve in cambio solo della gratuita cattiveria, un uomo che cerca di entrare in sintonia con le persone che lo circondano ricevendo da loro solo fredda accondiscendenza. Il suo essere uomo calato nel suo tempo gli fa sentire tutta l'urgenza di propagare un po' di sano amore per la vita, il suo ruolo di prete, invece, gli impone il dovere di farne una liturgia da iniettare a comando. Questa doppia tensione morale è quanto ha consentito a McDonagh di far riflettere attraverso la personalità di Padre Lavelle, in generale, i germi degeneri di una società degli uomini votata al più bieco egonismo, più in particolare, l'ipocrisia corporativa che troppo spesso padroneggia nella chiesa. Il tema della pedofilia in seno al mondo ecclesiastico rimane certamente il tema centrale nell'economia narrativa del film, suscettibile di condizionare le sorti esistenziali di Padre Lavelle nel corso di tutta la settimana in cui si svolgono le vicende rappresentate. Ma è la crisi dell'umanesimo che ad esso si lega lo spunto di riflessione più interessante del film, una riflessione intelligente svolta in maniera affatto moralistica, con un approccio serio che non arriva mai a farsi serioso, prosciugando il dramma del calvario in uno stile narrativo da commedia tipicamente “british”.

Il cinema ci ha regalato diverse figure di preti ed ogni nuovo film incentrato su di esse è suscettibile di richiamare a dei rimandi. Per quello che mi riguarda, Padre Lavelle (un ottimo Brendan Gleson) mi ha subito ricordato, da un lato, il Nazarin di Louis Bunuel per quella stessa circostanza di non vedersi mai corrisposto il bene compiuto disinteressatamente, e, dall'altro lato, il povero" curato di campagna di Bresson-Bernanos per la comune attitudine a voler problematizzare sul ruolo del prete e sulle capacità a saperne svolgere adeguatamente i compiti richiesti. Certamente stiamo parlando di due vette artistiche della settima arte e “Calvario”non arriva a possedere, ne la vena dissacratoria ed illuministica del primo, e neanche il rigore etico e formale del secondo. Arriva comunque ad un esito dignitoso mostrandosi capace di rappresentare con buona resa stilistica quei mali latenti che albergano dentro la chiesa che possono farla implodere al cospetto delle sue stesse contraddizioni (ecco un tema tipicamente “bunueliano”). Mali che possono produrre vittime innocenti e ridurre la sacralità dell'oggetto religioso a forma vuota e improduttiva.

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