Regia di Panos H. Koutras vedi scheda film
Danny e Ody sono greci di nascita, ma di mamma albanese e padre mai conosciuto: tecnicamente, stranieri nella propria patria. Il primo, minorenne, vive di marchette a cuor leggero, proteggendosi dalla grettezza e dal grigiore intorno tramite una scorza di fantasia colorata e dura come i lecca lecca che non abbandona mai. Dalla madre, appena morta, ha ereditato una passione per la “dea” Patty Pravo e per le coreografie sulle sue hit (che inondano il film per tutta la sua durata, con un breve strappo al monoteismo per un balletto su Rumore di Raffaella Carrà); armato di cocciutaggine e lettore mp3, convince il fratello maggiore a partecipare ai provini del talent Greek Star, esibendosi, anziché in un classico greco, in Tutt’al più.
Da Creta a Salonicco passando per Atene, l’on the road di sapore picaresco dei due orfani si avvicina, quasi inconsapevolmente, alla loro terra d’origine, l’Albania, e più consciamente al domicilio del presunto padre da cui vorrebbero essere riconosciuti. Della nuova onda ellenica non ha i connotati l’opera quarta di Koutras (passata al Certain Regard 2014), che confeziona un piccolo romanzo di formazione gioiosamente queer, smaccato nei suoi simbolismi (il coniglietto di peluche “ucciso” per strappare Danny alla sua eterna infanzia, l’albergo diroccato che si fa sineddoche del paese in rovina) e approssimativo nel ritratto sociale (lo sfuggente passaggio di un gruppo fascista pare inserito forzatamente nell’economia narrativa del film): la storia c’è, lo sguardo latita.
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