Regia di John Wells vedi scheda film
Attorno a un tavolo, per celebrare un ultimo rituale familiare in cui si possa rivelare, finalmente, come le affinità genetiche non siano, necessariamente, legami affettivi. E' dunque casualità genetica quella che distrugge e sconvolge dal di dentro l'affollata famiglia protagonista de I segreti di Osage County, che inizia graffiante e curioso intorno a un nucleo umano destabilizzante e visivamente difettoso, e prosegue come un mélo patinato e quasi televisivo che lascia poco spazio addirittura alla commozione, che sorda e ammutolita non risulta mai sprigionata, nonostante l'evidente ed esibita malinconia. Se è una morte e addirittura un suicidio il motore per riavvicinare i vari componenti della famiglia, che vede come matriarca folle e drogata una Meryl Streep bravissima ma che lo è già stata allo stesso modo in passato (su misura per gli Oscar), e come punto di forza ostinatamente rigido e sboccato una Julia Roberts abbastanza monoespressiva e 'surriscaldata' per una parte forse non per lei, sono poi i twist e i colpi di scena a regnare sovrani per il resto della durata del lungometraggio, rivelando il burrone che sta fra un primo tempo scoppiettante e quasi cinico, in quella grande tavolata di cui la locandina così saggiamente ci rende consapevoli in anticipo, e un secondo tempo risaputo e fin troppo esagerato per riuscire ad avvicinare davvero a personaggi scontati, che trovano nelle parolacce un modo nuovo per esprimere anticonformismo e nella caricatura spesso la loro ragion d'essere (vedi la zia chiacchierona, la sorella Juliette Lewis superficiale e 'cieca', il suo fidanzato tra il pervertito e l'inopportuno, il cugino sensibile, la governante indiana protettiva e comprensiva), per un album di figurine poco a poco sempre meno divertenti e sempre più grossolane. Un film già vecchio, grondante piccole grandi tragedie che possano dire finalmente a chi non lo sapesse che la vita volta spesso la faccia e che è difficile essere felici, ma che ci sarà sempre una propria dignità personale, affinché, alla fin fine, ogni personaggio, nella sua presunta cattiveria e nella sua fragilità, possa essere sempre comprensibile, avvicinabile, 'buono'. E' la vita ad aver voltato la faccia, certo, e ad aver reso in termini cinematografici talmente sgraziata la costruzione dei caratteri e la loro esistenza sempre su misura per una delusione, come in una cieca causalità in cui andrà tutto male e non c'è niente da fare. La cosa però più fastidiosa è che questo pessimismo è di superficie, fine a sé stesso, proprio perché gli esseri umani non si meriterebbero tutto questo, non si meriterebbero ben due tumori (non mortali, ma pur sempre tumori), un semi-incesto, un quasi consumato atto di pedofilia, un rapporto così burrascoso con la propria madre/sorella/zia/cugina/nipote, una crisi coniugale con il proprio marito, un'infanzia disastrata a colpi di martello e una moglie così bislacca. E soprattutto è fastidioso come tutto questo possa alla fine mettere d'accordo tutti, perché gli attori hanno fatto il loro dovere e la professionalità del prodotto filmico è su misura per essere compresa, acquisita e assorbita (passivamente) grazie a una sceneggiatura brillante ma ricca di facilonerie e grazie ad una trama, dai risvolti duplici e triplici, che poteva essere sviluppata meglio in tre o quattro puntate di un qualunque drama di fiction-tv. Così, in un teatro grottesco che poi così grottesco non è, perché capiremo sempre che quel tale odia quell'altro tale per un dato motivo (senso di colpa o quant'altro) e che quel qualcuno fa quella data cosa per un altro ennesimo dato motivo, si consuma non tanto la pazienza (poiché l'attenzione è sempre desta, e il film a tratti, specie nella prima parte, fa pure ridere), quanto la verosimiglianza, nonché la voglia di accettare simili dinamiche umane così trite e ritrite, straconosciute e dannatamente logiche, che cercano paradossalmente di commuovere. Restano le briciole di notevoli interpretazioni e della totale assenza di noia (non malissimo la regia invisibile ma teatrale di John Wells), ma non valgono certo il prezzo del biglietto.
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