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Television

Regia di Mostofa Sarwar Farooki vedi scheda film

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La recensione su Television

di OGM
7 stelle

Al diavolo la televisione. In uno sperduto angolo del Bangladesh sembra che davvero se ne possa fare a meno. Lì non manca niente a nessuno, almeno apparentemente. In realtà ci sono troppi giovani che, quotidianamente,  attraversano il fiume per andare in città, dove ci sono i cinema, gli internet point, la tecnologia è libera e la comunicazione aperta. Magari l’anziano capo del villaggio è rimasto il solo a credere che quelli siano strumenti haram, contrari ai dettami del Corano, che vieta l’uso di immagini prive di vita, come le fotografie o i video. Il film di Mostofa Sarwaar Farooki prende spunto da un anacronismo dei giorni nostri per riproporre, in un ambiente rurale appena lambito dalla modernità, i temi dei racconti antichi quanto l’uomo: l’amore contrastato, le incomprensioni culturali, i conflitti generazionali. Il vecchio e il nuovo si fanno sempre la guerra, per definizione. Rappresentano gli estremi opposti del tempo, come anche l’eterno dualismo fra inerzia ed intraprendenza, tradizione e cambiamento. L’imam Amin vorrebbe un mondo fermo sulle proprie arcaiche certezze: non intende guardare oltre, ed impedisce anche agli altri di farlo. Ma il resto di quella umanità segregata si ribella, comincia, sia pur goffamente, a lottare contro i dogmi che limitano i movimenti ed ostruiscono la visuale. Vincere l’immobilismo e la cecità è una missione difficile e fondamentale, ma può, all’occorrenza, tradursi in un gioco, a cui partecipano tutti i personaggi delle storielle di paese: gli amanti, i bambini, i maestri di scuola, le madri, la gente che affolla le strade, si scambia le notizie, si vuole divertire. Lo spettacolo è intimo, per la soggettiva profondità delle emozioni coinvolte, eppure pubblico, perché, nelle piccole comunità,  non v’è nulla che possa rimanere segreto.  Ciò è tanto più vero quanto più rigide ed uniformi sono le leggi che ne regolamentano la vita: sotto il potere assoluto ed ottuso di un sovrano retrogrado e noioso  come Amin, tutti diventano uguali. La sudditanza livella musulmani e indù, principali e dipendenti, forse fa cadere persino le differenze tra i sessi. Nasce così una romantica forma di coralità, fantasiosa perché alimentata dalla democratica esplosione di un pensiero che diventa leggero e creativo proprio per il fatto di essere esentato dal carico della responsabilità, dall’onere di scegliere, dal problema di distinguere tra il bene e il male. La commedia del popolino arriva allora ad attingere i propri colori dal sogno: i desideri comuni si fanno grandi, e riescono a spostare le montagne. La bella Kohinoor, contesa tra Solaiman ed il suo aiutante, è una fata irraggiungibile, ma anche una ragazzina come tante, che  contorce il viso in espressioni buffe, mentre studia come soddisfare i propri capricci adolescenziali. È la musa  in grado di smuovere i sentimenti dei maschi, di spingerli all’azione, di stuzzicare il loro ingegno; è l’ispiratrice di una rivoluzione che parte semplicemente dal cuore, anche se segue le linee tracciate dall’evoluzione della Storia. La scintilla del progresso è prodotta dall’attrito di una dolcissima insicurezza, da una palpitazione che mette teneramente in subbuglio la realtà circostante.  La tentazione è portatrice di un meraviglioso messaggio: quello che, complice una provvida sventura, saprà convertire alla gioia della scoperta anche le anime più tristi e restie.

 

Television ha concorso, per il Bangladesh al premio Oscar 2014 per il miglior film straniero. 

 

scena

Television (2012): scena

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