Regia di Béla Tarr vedi scheda film
Grande film giovanile di Bela Tarr, che fa passi da gigante rispetto a "Nido Familiare", di cui approfondisce le tematiche e mette a fuoco la forma. Nonostante le nitide influenze di Cassavetes e del primo Forman, è già evidente la mano del futuro autore di "Satantango" e "Il cavallo di Torino". Non c'è solo l'utilizzo sempre più assiduo, intenso ed esasperato del piano-sequenza, ma tanto altro. Ad esempio, la concezione "a spirale" del Tempo, supportata da scene che si ripetono con minime variazioni, fra un'ellisse e l'altra, ad indicare l'immutabilità delle cose: i coniugi litigano, lui se ne va, ma poi torna, senza sapere il perchè e il percome e il quando, e così all'infinito. Decisamente, si tratta di una delle maggiori innovazioni "narrative" degli ultimi 30 anni, in campo cinematografico. Una concezione "ciclica", vertiginosa ed ineluttabile dell'esistenza, della vita di coppia, delle relazioni interpersonali, della società tardo-comunista, tinteggiata con tutto il grigiore possibile, che è lo stesso identico che traspare dalle meste pagine che Bela Tarr avrebbe composto nei suoi film maggiori. Manca solo la metafisica, l'approdo filosofico. Ma non la poesia. Questa infatti c'è già, nel primo ma lucido esito dell'inimitabile arte tarr-iana: basta guardare la scena del ballo (con gli attori che, al solito, recitano in stato d'ebbrezza), grondante di melanconia, sospiri, compassione e primi piani infiniti. Il tedio di una vita di "rapporti prefabbricati", logica conseguenza di un'economia pianificata e di ristrettezze croniche: il peso della Storia che si abbatte su un umanità di burattini, smarrita, inconsapevole. La coppia di coniugi, protagonista di questo film, è il nucleo essenziale di quell'ingenuo popolino bue che si sarebbe fatto infinocchiare dai patetici e magnetici "messia moderni" Irimias e Petrina.
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