Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Insieme al capolavoro di Woody Allen "Blue Jasmine", questo è senza alcun dubbio il film "delle Feste". Spiace che Allen sia rimasto schiacciato dall'ondata di pellicole natalizie subèndone lo strapotere commerciale, fatto sta che il meraviglioso "Blue Jasmine" a ridosso della settimana "festiva" è stato in molte sale spodestato ed eliminato dalla programmazione (con mio vivo disappunto). Però l'amarezza è stata parzialmente compensata dal grande successo incassato al botteghino da "Philomena", l'autentico outsider di questo Natale. Il film è stato "adottato" da alcune multisale, io credo con ben poca convinzione da parte degli esercenti, per poi rivelarsi un successo di proporzioni inaspettate e riempiendo le sale, ritengo anche grazie ad un efficace passaparola. Cosa che mi ha quasi esaltato, perchè il film è davvero bello, diretto da uno Stephen Frears tornato ai suoi consueti vecchi splendori, dopo un passo falso che comunque fa poco testo. Una storia che tocca davvero il cuore, che insegue e conquista senza riserve le corde umane e sentimentali di ogni essere umano ancora capace di apprezzare ragionevolmente le cose che veramente contano nella vita. Un inno ai sentimenti più forti e più puri. E poi, diciamolo senza tentennamenti, un film che genera nel pubblico una commozione liberatoria. Ed è dunque ovvio che non provo alcun imbarazzo nel confessare che, in almeno un paio di momenti, ho ceduto ad un pianto trattenuto ma dignitoso e comunque insopprimibile e necessario. E intendo subito chiarire che in questo senso il film non è per nulla "ricattatorio", non forza la mano ricorrendo ad espedienti comodi e ruffiani. E' la storia che, nella sua nuda semplicità, arriva direttamente al cuore di uomini e donne, liberando la loro sensibilità e solidarietà (senza dimenticare che la sceneggiatura è tratta da un libro che riprende un episodio realmente accaduto). Prima di entrare nel vivo del racconto, due parole su Stephen Frears, straordinario cineasta inglese, autore di pellicole che hanno incassato premi importanti ed elogi sperticati della critica, ma che col suo penultimo lavoro, "Una ragazza a Las Vegas" era incappato in un prodotto assurdo quanto sgangherato deludendo praticamente tutti. Ma è bastato un batter di ciglia (pochi mesi) e il buon vecchio Stephen ci ha sfornato questo capolavoro di gran classe, assolutamente ascrivibile alla categoria del Buon Cinema. E due paroline mi sento di spenderle anche per il co-protagonista Steve Coogan, attore che prima d'ora mi aveva detto poco o nulla, ma del quale tengo a segnalare il forte coinvolgimento nell'intero progetto del film, visto che egli vi appare, oltre che come attore, anche nella duplice veste di sceneggiatore e co-produttore. La vicenda di parla di due persone profondamente diverse tra loro, per cultura, classe sociale, indole e fede religiosa, ma i cui destini fatalmente si incrociano, tirando fuori da ciascuno dei due i sentimenti migliori, come a testimoniare che dalla solidarietà umana possono scaturire miracoli. Proverò a sintetizzare, senza scendere in dettagli, perchè si tratta di un'opera che va gustata al cinema, assaporando la qualità di una recitazione formidabile e l'assoluta brillantezza dei dialoghi. Nell'Irlanda del 1952 l'adolescente Philomena viene internata in un convento di suore per espiare la "colpa" di una precoce maternità, subendo le umiliazioni di un contesto rigidamente puritano. Il "frutto della colpa", ancora piccolissimo (di fronte ad una straziata Philomena che non se ne darà mai più pace) viene "ceduto" ad una famiglia benestante americana. Da quel giorno è passato un mezzo secolo, e Philomena ancora cova l'intima sofferenza di quel terribile segreto, avendo perso del figlio qualsiasi traccia. Finchè non entra più o meno casualmente in contatto con un giornalista assai brillante, però appena caduto in disgrazia per via di alcune maldicenze che lo hanno spodestato da un ruolo professionale prestigioso in ambito politico. Accade allora che queste due persone (lo ripeto: che più diverse non potrebbero essere) uniscono le loro forze per fare luce su quello che chiameremo "il mistero del piccolo Anthony". E comincia qua un'impegnativa trasferta negli USA, che si trasforma in un'avventura on the road ricca di sorprese, con questa "strana coppia" che battibecca amabilmente di continuo, in un esaltante alternarsi di momenti commoventi e dialoghi scintillanti. Fino a quando una rivelazione inattesa riporta i due personaggi in quell'Irlanda dove tutto aveva avuto inizio, proprio in quello stesso convento di suore che aveva ospitato una Philomena ragazzina, e che diviene teatro di un epilogo caratterizzato da un confronto verbale decisamente drammatico, ai limiti del sostenibile. Diciamo con chiarezza (lo hanno già detto tutti, vabbè) che la prova offrerta da Judi Dench è clamorosa, e non vorremmo mai essere nei panni di chi, quella certa notte, dovrà scegliere tra lei e Cate Blanchett (!). Resta però da rendere omaggio a Steve Coogan, che offre al suo personaggio una straordinaria adesione, fatta di una somma di posture, sguardi, dettagli e minime sfumature. Da segnalare inoltre un'ulteriore nota positiva che è poi un valore aggiunto alla qualità del film, vale a dire una stupenda colonna sonora composta da quell'Alexandre Desplat che è oggi il musicista europeo più richiesto ed apprezzato dai migliori registi del mondo. Se i film costruiti apposta per il Natale vi fanno venire l'orticaria e cercate qualcosa di dignitoso che esprima sentimenti condivisibili ancorchè non ricattatori, questo è il vostro film.
Voto: 10
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