Regia di Stephen Frears vedi scheda film
Quando prima di partire la proiezione di un film appare il logo Weinstein diventa chiaro che ciò che si vedrà è perfettamente studiato per strizzare l’occhio al pubblico e per cercar di piacere in po’ a chiunque. Philomena, co-sceneggiato da Steve Coogan e diretto da Stephen Frears, non sfugge a questa sorta di regola non scritta. Prendere una storia vera, a detta della sceneggiatura “di solito destinata a un pubblico ignorante”, e farla interpretare da una Judi Dench attenta ad ogni singola sfumatura significa infatti giocare sporco per tutta una serie di motivi: esiste ad esempio l’alibi del “non abbiamo inventato nulla” e quello dell’interpretazione dell’attrice, come sempre semplicemente perfetta davanti alla macchina da presa.
Nel raccontare la storia di Philomena Lee, Frears si impegna a non cadere nel sentimentalismo più becero, lo sfiora ma non ne viene affondato, rischio che altri invece avrebbero corso. Gli elementi di presa ci sono tutti: una anziana madre alla ricerca del proprio figlio dopo 50 anni, l’ostilità dell’istituzione Chiesa, la critica politica verso la destra (al cinema, funziona sempre) e un’amicizia tra due personaggi agli antipodi che si aiutano a vicenda. La stampa applaude facendo la gioia dell’ufficio stampa Lucky Red, presente in sala, che distribuirà il film a febbraio, in piena stagione Oscar.
Il sottoscritto, invece, rimane tiepido tiepido e non viene mai rapito da nulla. A parte il classico senso dell’humour tutto inglese e qualche guizzo legato alla fotografia (è però facile giocare con le luci e le ombre, ad esempio, quando sei al Lincoln Memorial di Washington), Philomena in realtà non decolla mai, neanche quando il pathos dovrebbe essere alle stelle, lasciando totalmente esterno allo storia chi guarda. È quasi impossibile immedesimarsi in uno dei due personaggi fondamentali e risulta persino complicato giustificarne le psicologie (il finale con Philomena che perdona la suora responsabile del suo calvario è a dir poco agghiacciante, come se non ci fosse nulla in grado di cancellare quel credo cristiano con cui è cresciuta e con cui è stata educata).
Curiosamente, ad essere molto debole è proprio la parte del viaggio che Philomena e Sixmith affrontano e il modo in cui risalgono all’identità del figlio perso. Ma l’alibi della storia vera copre tutto, bisogna essere cinici per non apprezzare il film. Ed io lo sono.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta