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The Last Will and Testament of Rosalind Leigh

Regia di Rodrigo Gudiño vedi scheda film

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La recensione su The Last Will and Testament of Rosalind Leigh

di ohdaesoo
7 stelle

spoiler decisivi e letture molto personali, sarebbe meglio legger dopo, molto meglio

Non me l'aspettavo proprio.
Horror colto, elegante, raffinato, intelligente, una vera sorpresa.
Comincia come una ghost story quasi classica, prosegue aggiungendo un'aura di misticismo e di fede, finisce in un modo davvero sorprendente che sarebbe un delitto non riuscire a cogliere.
Film stratificato, una di quelle pellicole (cito sempre The Orphanage, scusate) che si travestono da film di genere per raccontare qualcosa di molto più grande ed umano.
La trama è ridotta davvero all'osso.
Un ragazzo riceve in eredità dalla madre appena morta la villa/castello nella quale viveva e nella quale lui stesso aveva vissuto prima di andar via. C'è solo lui e la casa, nient'altro. Un solo attore, una sola location.
L'inizio, come dicevo, lascia presagire al solito ghost movie sulla grande casa abbandonata. In questa prima fase è particolarissimo l'uso di lunghi piani sequenza che si aggirano per le varie stanze, un uso stranissimo, in soggettiva, soggettiva che però non è nè del protagoniste nè di qualche minacciosa creatura. E' come se la regia perlustrasse l'ambiente, come un ladro, se ne frega di seguire le vicende del ragazzo e vaga qua e là, più di una volta, per un buon quarto d'ora. Forse solo nel finale potremo capire questa scelta, questa importanza della casa, di ogni oggetto, questa presenza viva in ambiente morto.
Piano piano capiamo che questo è un film sulla Fede, sul credere o no.
La madre, fervente attivista cattolica (membro di una setta) lascia nella casa messaggi, simboli, tutto quello che può aiutare il figlio a ritrovare la fede persa o abiurata. Iniziano a capitare vari avvenimenti (tra l'altro i pochi spaventi sono inaspettati e ben centellinati, impara Wan) e lo spettatore non sa se quello che accade sia vero o metaforico. L'aria è pregna di misticismo, di trascendentale.
Gli angeli sono dapertutto, che cosa rappresentano? Leon, il ragazzo, li vede solo come simboli della Fede e cerca di "combatterli" come può.
Poi arriva la creatura, preannunciata da quel fantastico
"Se ti cade un coltello sul pavimento, un uomo verrà a trovarti
Se invece è un cucchiaio, sarà una donna.
Se cade una forchetta, non sarà nè uomo nè donna.

Lo spettatore comincia a credere che quella creatura sia in qualche modo metafora del Male, del rifiuto della Fede. E lì avviene una prima fantastica svolta, la telefonata con la ragazza. Anche lei, come prima la cassetta della setta, fa a Leon una specie di ipnosi per liberarlo dalla sue paure. In un modo raffinato come pochi il film racconta la battaglia Fede-Scienza (la ragazza è un dottore) e ci fa iniziare a subdorare che Leon in realtà abbia probabilmente dei forti problemi mentali che lo portano ad immaginare tutto.
E mentre assistiamo a più di una scena suggestiva (i due gemelli del passato, i passi che si avvicinano mentre lui dorme, la statua grande dell'Angelo) arriviamo al finale che è obbligatorio più che vedere saper ascoltare perchè dona al film  una lettura completamente nuova e una sua profondità sorprendente.
Alla madre non interessava che il figlio ritrovasse la Fede, o meglio, non la Fede come la intendiamo normalmente.
La madre voleva solo che suo figlio la cercasse, la ricordasse, si ricongiungesse a lei almeno adesso che non c'era più. Tutto quello che era avvenuto erano solo simboli del fatto che lei fosse là, che la sua anima fosse andata avanti dopo la morte. Ecco cosa era quel "Believe". E quella bestia che in passato vide lei e ora ha visto lui non era nessun Demone ma semplicemente il mostro della Solitudine, una creatura che non è nè uomo nè donna, ma una delle più grandi paure dell'uomo. Da brividi. E tutto torna, quella chiave trovata per andare nella sua stanza, quegli angeli che tornano a guardar dritti anzichè voltare le spalle, tutto.
Cinque minuti magnifici da ascoltare e riascoltare.
Tutto assume una luce nuova, umana.
Anche questo è saper far cinema.

 

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