Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Quando non ciondola in mutande nel loft dalle pareti a specchio, il 40enne Andrea sfoggia scarpe sportive sotto il completo gessato. Per lavoro infila anacronismi nei film storici e oggettistica in quelli intimisti: vendere sponsor è facile, per lui che non si è mai posto domande di senso. Circondato di piccole cose di gusto high tech, rimorchia bellezze (dis)interessate e rimbecca il coinquilino pacioso che vorrebbe fare l’animatore per bambini. A rianimare Andrea ci pensa la figlia 17enne, mai vista prima. Quando lo trova inizia a sparaflasharlo con la vetusta macchina fotografica usa e getta, irrompendo nella sua routine discotecara coi capelli rosa punk e il nonno vintage rock un Giallini energicamente saggio, fin nel sonnambulismo. Il soggetto di Massimiliano Bruno era carta bianca, Edoardo Leo ha un pennarello magico che riempie le sagome di colore vivo. «La gente ama le cose semplici» diceva con parole mocciane il pubblicitario Raoul Bova alla liceale Michela Quattrociocche. Tra semplice e sciocco ci passa un mare, di sensibilità e di pubblicità. Qui il product placement da riempitivo diventa motivo: sposta l’asse sogni/bisogni del Peter Pan col lavoro figo, che riscopre l’amore per l’inserto promozionale assieme alla verità del rapporto umano. Una relazione squisitamente anti digitale, sviluppata come un rullino nella camera oscura. E se Bova si redime con autoironia dal buonismo familiare, Leo si ritaglia la parte del pagliaccio sveglio: non sta improvvisando.
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