Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
Dopo la visione dell’ultimo (al solito: bellissimo) film della Ditta Coen, mi è venuto subito da riflettere su come mai la colonna sonora (una fantastica miscellanea di classici folk e altri amenicoli, alcuni arrangiati fra l’altro, da Marcus Mumford, marito della splendida Carey Mulligan, qui – purtroppo per i suoi fans – relegata in un ruolo troppo piccolo) sia perennemente attraversata dalla parola “addio”. E’ tutto un partire, andarsene, salutarsi, piangere lontananze, “Addio! Fareweel!”, e non a caso anche l’ultimissima battuta pronunciata da Llewyn Davis prima dei titoli di coda è proprio “Au-revoir”. Come Ulisse, lo splendido gatto rosso (si dovrebbe usare il plurale “gatti”) che il protagonista insegue costantemente (o ne è inseguito?), anche il personaggio interpretato dall’ex- Blinking Underdogs Oscar Isaac compie il suo viaggio iniziatico spinto dal dolore (sparato, nello spazio come nella spiritosa “Please, Mr. Kennedy”) per la perdita dell’ex partner di palcoscenico Mike, morto suicida, a ricercare una sua nuova collocazione artistica ed esistenziale, in lotta perenne con tutto e tutti a causa della sua intransigenza e cocciutaggine. E come l’Ulisse mitologico, la fine del suo viaggio e delle sue peregrinazioni non potrà che essere Itaca, un testa-coda che, pur non essendo certo una novità nel panorama della narrazione cinematografica, è senz’altro in questo film particolarmente apprezzabile per merito degli stessi registi, al solito intelligentissimi e raffinati nel cogliere e riportare allo spettatore i vari steps attraverso i quali la sceneggiatura e la caratterizzazione dei personaggi si sviluppano. Di cameo in cameo (uno in particolare per F. Murray Abraham), per raccontare l’avventura di Llewin Davis i Coen arrivano fino a concedersi (solo i registi di questo spessore possono permetterselo) digressioni velate di Magia Nera e Macumbe (a proposito di camei: un altro è quello di Mr. Turner, gigante misterioso ed epilettico col suo strambo vassallo, riservato al loro fido amico John Goodman, l’incontro col quale marca una svolta decisiva nella vicenda).
Ma, con rispetto parlando per tutto l’ottimo cast del film, gatti e folk singers compresi, la vera protagonista del film è la musica, per fortuna almeno questa sottotitolata nelle sale all’interno della sempre ignobile e provinciale abitudine tutta italiota di doppiare i film.
Come sempre, se la firma è Coen: imperdibile.
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