Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
L’odissea di un dotato artista d’insuccesso, andata a ritorno (in parallelo incrociato con un gatto non per niente chiamato Ulisse, a tutti gli effetti vero coprotagonista) secondo i fratelli Coen che dirigono il loro film più ostico dietro solamente “A serious man”.
New York 1961, Llewyn Davis (Oscar Isaac) è un musicista folk che sopravvive di stenti, guadagnando sporadicamente qualche dollaro e che dorme sul primo divano disponibile che gli capita a tiro.
Si recherà a Chicago sperando di far bella impressione presso un importante magnate e con l’unica alternativa rimasta di abbandonare “tutto” per tornare a fare il marinaio.
Un altro grandissimo perdente senza possibilità di svolta, segnato (negativamente) dal fato (mai che la fortuna, quella con la “F” maiuscola sopraggiunga in suo soccorso); i Coen danno vita ad una storia particolare per i toni e comunque distante rispetto al resto della loro importante filmografia, ispirandosi alle memorie di Dave Van Ronk.
Una vita con sempre nuovi problemi al seguito (come il gatto), con anche il passato che torna a bussare senza farlo in prima persona (vedasi la scoperta del nostro quando si reca presso il medico che dovrebbe eseguire l’aborto), con qualche speranza che finisce disillusa prima del tempo (tutto si dipana in due giorni che sembrano molti di più) e con un circolarità che racchiude inizio e fine, in fondo il nostro, non disposto a scendere a compromessi ed eternamente bloccato da svariate vicissitudini, non può che ritrovarsi al punto di partenza (o di un arrivo non certo sognato).
Per rappresentare tutto questo il momento clou rimane l’esibizione a Chicago, non tanto, o almeno non solo, per l’ennesimo pezzo folk raffinato (ed in grado come tanti altri di far sentire i brividi sotto la pelle), quanto per il dialogo seguente di disarmante, non voluta dall’interlocutore di Llewyn, e tombale rassegnazione.
E finalmente, dopo tanti film in cui è apparso spesso senza nemmeno che ci chiedessimo chi fosse, arriva la consacrazione (in contrapposizione con un personaggio che si muove al di sotto della soglia di precarietà) per Oscar Isaac davvero molto bravo (e non è nemmeno la prima volta a voler ben vedere).
Arricchiscono poi la scena una nuova caratterizzazione maiuscola di John Goodman ed un paio di dialoghi in perfetto stile Coen, uno con lo stesso Goodman protagonista ed un altro tra Isaac e Carey Mulligan su una gravidanza non voluta (pur nel dubbio dei fatti).
Un altro bel film (anche sorprendente) dei Coen, (quasi sempre) coerenti nel corso della loro ormai lunga carriera proprio come lo è il protagonista di questa pellicola (inutile sottolineare come gli esiti siano diversi, visti i premi dei cineasti di Minneapolis, non ultimo il “Gran Prix” ottenuto a Cannes proprio con questo film), adatto a chi ama il cinema, a chi cerca qualcosa di diverso (e poco disposto a piacere solo per il gusto di farlo) ed ovviamente a chi si porta il folk, ma anche la musica di qualità in generale (in fondo una prassi del genere la si può facilmente rileggere sotto mentite spoglie) nel cuore.
Ispirato.
Opera d'autore in senso strettissimo, un nuovo punto di partenza/arrivo per i fratelli Coen, diretta con una naturale cura e con una sincera coerenza al seguito, suggellata peraltro da una manciata di (splendide) scene che racchiudono più di quanto un semplice discorso non possa fare.
Sorprendenti.
Opera d'autore in senso strettissimo, un nuovo punto di partenza/arrivo per i fratelli Coen, diretta con una naturale cura e con una sincera coerenza al seguito, suggellata peraltro da una manciata di (splendide) scene che racchiudono più di quanto un semplice discorso non possa fare.
Sorprendenti.
Gran bella prova che lo consacra come attore non più solo adatto a fare da comprimario.
Certamente tanto merito va al personaggio, alla storia ed alla direzione della stessa, ma tutto condiviso con la sua partecipazione, canora, fisica od emotiva che essa sia.
Notevole.
Piccola parte, ma ha il merito di apparire disivolto ed anche presente.
Più che sufficiente.
Protagonista di almeno due dialoghi con Isaac decisamente ispirati e poi il suo volto trasmette meglio di mille parole quello che si deve percepire.
Intensa.
Ruolo laconico (è l'aiutante del personaggio interpretato da John Goodman), eseguito senza sbavature.
Sufficiente.
Gigantesco, tanto più se visto spaparanzato sul sedile posteriore di una macchina in viaggio, si ritaglia un dialogo nel quale mostra un temperamento bellicoso già visto in passato al servizio sempre dei Coen.
Caratterizzazione riuscita.
Nei panni di un cantante sulla strada di Llewyn.
Ruolo semplice ben svolto.
Pienamente sufficiente.
Nei panni di Bud Grossman ha la fortuna, tra l'altro pienamente sfruttata, di comparire in uno dei frangenti migliori, e determinanti, di tutto il film.
Parte minuscola, ma essenziale ed interpretata al meglio.
Nei panni di Pappi Corsicato (!?!?!), gestore del piccolo locale dove ogni tanto Llewyn raccanta qualche spicciolo.
Disinvolto.
Piccolo ruolo piuttosto caloroso.
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