Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film
Non appena fa una nuova conoscenza, la domanda di rito è: "ce l'hai un divano?". Già, perché Llewyn Davis (Isaac), cantante folk in perenne bolletta che all'inizio degli anni '60 va costantemente alla caccia di un contratto o di una serata al Gaslight in quel Greenwich Village che diede i natali artistici a gente come Bob Dylan e Phil Ochs, non ha una casa e non ha nemmeno un cappotto, in una New York invernale e freddissima.
Tra (dis)avventure con uno splendido gatto fulvo che scappa dalla casa di uno dei tanti che l'hanno ospitato (una metafora dell'imprevedibilità del caso?), il difficile rapporto con una ex rimasta incinta (Mulligan) e il miraggio di un contratto con una grossa compagnia discografica di Chicago, l'esistenza di Llewyn è l'ennesimo ritratto che i fratelli Coen aggiungono alla loro galleria di beautiful losers. "Se non l'avete mai sentita, ma non sembra nuova, allora è una canzone folk", chiarisce Llewyn al suo pubblico. E quella cornice folk, così determinante nel decretare il mutamento dello scenario culturale americano durante i sixties, è raccontata con un registro tra lo straniato e il grottesco, a cui si aggiungono richiami piuttosto espliciti alla vera storia di Dave Van Ronk e una colonna sonora interpretata magistralmente e supervisionata da T-Bone Burnett, ennesima prova dell'amore che i due fratelli statunitensi provano per la musica (ve lo ricordate Fratello, dove sei?). Gran premio della giuria a Cannes, A proposito di Davis riscatta, almeno in parte, le pessime prove offerte con A serious man e Il grinta, pur perseverando in una forma narrativa a tratti boriosa, capace di irridere lo spettatore con un'incomprensibile diffrazione temporale (quella del viaggio in auto).
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