Regia di Sarah Gavron vedi scheda film
Quando alla fine del documentario le consuete scritte in sovrimpressione ci informano sui destini degli abitanti del villaggio di Niaqornat, l’occhio si inumidisce nell’apprendere che «Lars ha trovato una ragazza». Perché Lars a Niaqornat, Groenlandia, popolazione 59 anime, è l’unico sedicenne in circolazione. Su Facebook ha amici da tutto il mondo, ma il suo villaggio aggrappato al ghiaccio vive (a malapena) di pesca e per qualche mese l’anno non vede la luce del sole. Sorprendente e schietto, il bel film della britannica Gavron è un documentario che appassiona come una fiction, diverte come una commedia e commuove come un dramma familiare: nel paesello congelato scorrono le stagioni, Lars ascolta il rap groenlandese che parla dei suicidi di suoi coetanei, l’anziana Annie conserva una foto di Brigitte Bardot (quella «sciocca donna» che con il suo animalismo mette in cattiva luce le nobili attività di caccia che gli inuit praticano da secoli) e il governo danese ha deciso di chiudere il piccolo stabilimento di lavorazione del pesce che dava sostentamento agli abitanti. Il villaggio si spopola, ma non demorde, e Gavron confeziona un’opera genuina, lontana dalla contemplazione etnografica, dallo spirito sfacciato e agguerrito come i suoi protagonisti. Decisi ad andare avanti, si ricomprano il conservificio in cooperativa: alla faccia dei composti e curiosi turisti danesi in visita, che di Niaqornat apprezzano le antiche usanze e si augurano «che resti così per sempre».
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