Regia di John Carl Buechler vedi scheda film
“Troll” e il sequel sono brutti, per antonomasia. Questo è scritto nei libri di cinema. La trama è un pallido, sterile surrogato di una famosa leggenda folcloristica dei paesi nordici (quella dei troll appunto, esserini antropomorfi, non esattamente amichevoli, i quali hanno la propensione ad estrapolare l’energia vitale dei pargoli e portare il malocchio); il livello recitativo è piuttosto scarso, e la sceneggiatura è orrenda (ci sono un mucchio di patetici riempitivi, come il frammento girato ai piedi della scala del condominio, ove il padre della famiglia su cui si focalizza il plot socializza con i vicini che appaiono tramite delle logorroiche e avventate sortite). Non si salva nulla perciò? A dire il vero qualche rispettabile orpello è presente, e forse persino riciclabile per un prodotto migliore: il matte painting, rudimentale e palesemente finto, è disegnato con uno stile grafico ingraziante, e la colonna sonora è d’atmosfera (niente di memorabile, ma fa vibrare le corde giuste). Parimenti degno di nota, nonché toccante, il monologo poetico dedicato al nanismo, proferito dal bravissimo Phil Fondacaro (affetto da questa malattia, e quindi alquanto credibile nella breve ed intensa performance). Neanche il design dei pupazzi usati per i troll è malaccio. Il metraggio di Buechler, in ogni caso, rimane uno scult noioso e difficilmente mi cimenterei a guardarlo una seconda volta.
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