Regia di Andrew Currie vedi scheda film
Horror canadese mal scritto, girato e interpretato. Con un finale indecifrabile e avvolto nel più totale caos. Indicato per una allucinante e disinvolta esperienza di (mala)visione.
Terence Shade (Eric McCormack), rimasto vedovo da poco tempo, con i piccoli figli Cynthia e Jack decide di passare il periodo natalizio in una baita isolata, ubicata in un posto difficilmente raggiungibile, in passato molto gradito alla moglie scomparsa. Una tempesta di neve, in breve, costringe però la famiglia a barricarsi all'interno, soprattutto dopo che strani rumori sembrano indicare presenze inquietanti. Il problema è che il pericolo c'è veramente, ma è all'interno.
Barricata... 903: perché viene da chiedersi quante se ne siano scolate, prima di mettersi al lavoro per questa produzione, lo sceneggiatore (Michaelbrent Collings) e il regista (Andrew Currie), quest'ultimo all'epoca celebre per l'indefinibile (e indifendibile) zombie parodia Fido (2006). L'opera è in forte debito con Evil dead (Sam Raimi, 1982) sia per la location (una baita isolata), sia soprattutto per il maldestro tentativo di emulare un tipo di regia nervosa e dinamica, con punti (e movimento) macchina sbilenchi e inusuali. Purtroppo definire imbarazzante il risultato finale è la cosa più immediata. Le interpretazioni sono evidentemente al limite di guardia per quanto riguarda i piccoli attori (spesso colti in espressioni di divertito menefreghismo) e -peggio- per Eric McCormack: padre allucinato che vorrebbe/dovrebbe ricordarci anche il Jack Torrence di Shining in versione inquietante. Mentre lo ricorda in parte solo parodisticamente. E, a proposito di parodie, come definire altrimenti i ricordi del marito -dispensati con uso improprio del flash back- della moglie Leah (Jody Thompson, anche lei attrice dell'ultima ora)? Persino il tragico evento che sta alla base del tutto, la dolorosa morte della donna, sembra essere stato pensato e girato più per una commedia che per un horror. Messo in evidenza che il doppiaggio italiano contribuisce a rendere più approssimativo il già non classificabile risultato d'insieme, se poi si vuole spendere altre due parole sulla seconda parte del film, si deve necessariamente fare riferimento al termine caos. Basta riportare la definizione, tratta da un dizionario qualunque, perché questa si adatta -in perfetta simbiosi- anche agli ultimi quindici incredibili (e indisponenti) minuti finali: "disordine o disorientamento tumultuoso, confusione senza uguali." Decisamente un bel risultato, per un mediometraggio (circa settanta minuti, senza titoli di coda) consigliabile di visione sì, ma al vostro peggior nemico.
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