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The Wolf of Wall Street

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su The Wolf of Wall Street

di barabbovich
6 stelle

Basato sull'autobiografia di Jordan Belfort, broker venuto dai quartieri bassi e diventato ricco al punto da permettersi di cestinare i verdoni come fossero spiccioli, The wolf of Wall Street è l'emblema del film progettato per andare a caccia di premi. La coppia Scorsese-DiCaprio, entrambi anche in veste di produttori del film, ha un pedigree senza macchia, ma non basta né il virtuosismo in cabina di regia del primo, che ancora una volta ci tiene a ribadire di non temere rivali, né la performance da mattatore assoluto del secondo per fare un buon film.
La vicenda, quasi tutta sviluppata tra gli anni '80 e gli anni '90, si affianca alla schiera sempre più consistente di opere (Margin call, La frode) che mirano a ricostruire lo sfascio economico cominciato nel 2008 cercandone le origini nella finanza senza scrupoli di quegli stessi decenni che fanno da sfondo al film.
Al centro della storia più che il lupo del titolo c'è uno squalo che con la stessa disinvoltura con cui accumula quattrini sfilandoli dalla tasche dei piccoli risparmiatori ("è troppo difficile vendere spazzatura ai ricchi: loro sono informati", sentenzia), consuma droghe di ogni genere, si dà al sesso compulsivo e manda avanti una relazione impossibile (ma a letto le sue prestazioni non superano gli undici secondi) con una ex modella pluricornificata (Robbie), arrivata dopo il fallimento del primo matrimonio. Ed è proprio in questo impasto continuo, riproposto per tre ore di fila, che il film mostra tutta la sua fragilità: il protagonista che arringa i suoi accoliti, che consuma droghe, che pratica sesso mercenario, che truffa il malcapitato di turno sono tasselli distribuiti ripetutamente e uniformemente per 179 minuti, senza che ogni nuovo pezzo aggiunga alcunché alla continuità del racconto. Scorsese (stilisticamente impeccabile) e DiCaprio (superlativo nonostante l'eccesso di vitalismo della sua interpretazione) hanno voluto strafare, tenendo sempre altissimo il registro di una messa in scena molto urlata, ma offrendo come unico elemento di divagazione narrativa la caccia all'uomo innescata da uno zelante funzionario dell'FBI (Chandler).

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