Regia di Martin Scorsese vedi scheda film
Dopo alcune pellicole di diversa natura, Martin Scorsese torna a solcare territori a lui assai congeniali, con quegli scampoli di mondo negativo ed amorale dove i protagonisti sono figure disprezzabili, ma capaci di esercitare un fascino in grado di arrivare a irretire (e Leonardo diCaprio ci mette parecchio di suo) agendo sul lato più debole (la carne, il soldo, la psiche) del pubblico.
Jordan Belfort (Leonardo diCaprio) ci mette poco a capire come funziona Wall Street e che agendo contro l’interesse degli investitori può diventare ricchissimo e che soprattutto può farlo velocemente.
In poco tempo accumula una fortuna, che gli permette di avere una vita dissennata tra droga, sesso, alcol, vizi ed eccessi di ogni tipo, ma al contempo l’attenzione dei Federali non può che finire su di lui.
Nonostante tutto andrà dritto per la sua strada senza pentimenti.
Con “The wolf of Wall Street” (Wolfy per gli amici), Martin Scorsese non s’inventa niente; la pellicola in questione non possiede la magniloquenza estetica di “Casinò” (il mio cult scorsesiano assoluto), non ha il corpo robusto di un “Quei bravi ragazzi”, però riesce a interpretare lo spirito cinematografico/umano più moderno (ritmo sovreccitato, spregiudicatezza, ogni forma di tatto bandita, attribuire alla parte “seriosa” giusto il tempo necessario) e soprattutto il meccanismo gira che è un piacere proprio come nei film migliori dell’autore italo-americano.
Ci si sente quasi assorbiti, destabilizzati e centrifugati dal racconto soprattutto nelle due ore di scalata al successo e di “stabilizzazione” di Jordan, un vero e proprio trip di dialoghi, incontri, festini sopra le righe, personaggi fuori controllo che si susseguono creando assuefazione
E sono tante le scene cult; si parte dal maiuscolo insegnamento di Mark Hanna (Matthew McConaughey), tra cocaina, pausa pranzo esclusivamente su base alcolica e l’importanza delle “seghe”, per attraversare la surreale riunione sui nani (cattiveria scorretta, naturale e sferzante), la prima uscita di Jordan con Naomi (Margot Robbie), suggellata da pensieri incrociati, l’ingresso in scena del nevrotico padre di Jordan (Rob Reiner in formissima) e la notte sotto droga dagli effetti ritardati passata tra il protagonista ed il suo socio Donnie (Jonah Hill).
Il tutto montato in maniera tale da togliere il fiato, per tre ore che letteralmente volano (ma che lasciano svariati ricordi e tracce), giusto sul finale, che comunque non si può discutere in termini di morale (d’altronde il mondo gira così e la realtà questa è), manca probabilmente la scena che possieda quella forza dirompente che la possa rendere indimenticabile (penso per esempio al già citato “Casinò”).
Si tratta comunque di un’inezia, così come lo sono alcune libertà a servizio dello spettacolo più sfrenato lungo il film, in quanto tutto il resto gira che è un piacere lisergico, talmente dirompente in più parti da mantenere un’onda lunga anche su passaggi meno potenti.
Insomma uno dei cult in grado di unire cinema alto (per forma, recitazione, costruzione) e pura gioia per lo spettacolo degli anni 2000 (un po’ come “Bastardi senza gloria”).
Trascinante.
Non che negli ultimi anni abbia poi toppato chissà quanti film, ma questa sorta di ritorno al passato è un vero tuffo al cuore.
In un cinema di questo stampo si conferma inarrivabile, alla faccia dell'età.
Ottimo.
Interpretazione maiuscola, se il film è di Scorsese, la riuscita totale del personaggio è sua.
Una prova piena di vezzi, tic, gestualità, probabilmente la sua migliore in carriera.
Se nell'immaginario DiCaprio è subentrato a De Niro nell'universo scorsesiano, in questo film Hill prende il posto di Joe Pesci.
Riesce ad essere sinistro, tanto pazzo da risultare inquietante e sempre con gran facilità.
Decisamente bravo.
In un panorama di soldi, droga e belle donne, lei è una primizia da far cadere la mandibola per terra.
Stupefacente per il candore della sua bellezza, più di mille droghe.
Perfetta per il ruolo.
Alla fine si tratta di un cameo a tutti gli effetti, ma che si candida ad essere ricordato a lungo.
Una manciata di minuti strepitosi, tra la sua presenza smunta, il canto propiziatorio e il lungo dialogo superlativo che racchiude un pò tutta l'essenza del film.
Ha il volto perfetto per il ruolo dell'agente federale.
Pulito, un pò "sfigato" (colui che deve fare giustizia vive una vita economicamente tutt'altro che agiata), credibile e comunque di efficace presenza.
Discreto.
Se come regista è da un bel pò di anni annebbiato eccolo che si prende la rivincita come attore.
Caricatura superlativa.
Charme da vendere in un piccolo ruolo, ma non privo di momenti suggestivi.
Guascone.
Volto interessante che ci sarebbe stato un gran bene anche in film come "Quei bravi ragazzi" e "Casinò".
Per i tempi di oggi una sorta di rarità.
Interessante.
Un paio di fugaci comparsate.
Nei panni di uno dei primi (esagitati) collaboratori di Jordan.
Pienamente sufficiente.
Figura chiave più per la posizione del suo personaggio che per la sua presenza (molto limitata).
Sufficiente.
Altra gran bellezza.
Nei panni della zia di Naomi, ha con Jordan una scena molto bella in Svizzera.
Adeguata.
Nei panni di uno dei primi (esagitati) collaboratori di Jordan.
Più che sufficiente.
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