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Alì ha gli occhi azzurri

Regia di Claudio Giovannesi vedi scheda film

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La recensione su Alì ha gli occhi azzurri

di barabbovich
8 stelle

Alì non si chiama Alì, ma Nader (Sarhan), e per avere gli occhi azzurri si mette le lenti a contatto. Già, perché lui si sente italiano, nonostante i genitori, egiziani trapiantati nella periferia romana del Laurentino 38, antepongano a ogni altra cosa la loro identità musulmana. È in nome di quella identità che ingaggiano col figlio una battaglia affinché il ragazzo, sedicenne, rinunci alla storia d'amore con la sua fidanzata italiana: per il Corano la cosa non va bene. Per Nader ha così inizio una settimana brava durante la quale si ritrova a pendolare di giorno tra espedienti vari e qualche comparsata a scuola, dove c'è anche l'amico Stefano (Rabatti) e a girovagare di notte in cerca di alloggi di fortuna. Per i due amici le cose si mettono male quando, durante una rissa in discoteca, ci scappa la coltellata. E si mettono peggio quando Stefano si invaghisce della sorella di Nader.
Ritaglio di vita in una Roma che più pasoliniana (a partire dal titolo del film) non potrebbe essere, e nella quale i ragazzi di vita si arrabattano come possono tra multiculturalismo, marginalità e aspirazioni minime. Giovannesi, qui al suo secondo lungometraggio di finzione dopo La casa sulle nuvole, aiutato anche dalla fotografia cupissima di Daniele Ciprì e da un cast di attori credibilissimi presi dalla vita reale e che nel film conservano i loro nomi, immortala una realtà talmente vivida da rendere quasi impalpabile il confine tra finzione e documentario. Un'opera di indubbio interesse alla quale manca soltanto un pizzico di lucidità in più nella traiettoria narrativa, davvero molto esile.
Premio speciale della giuria e premio alla migliore opera prima e seconda alla VII edizione del festival internazionale del film di Roma (2012).   

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