Regia di Roland Emmerich vedi scheda film
A questi sciocchi americani piace da impazzire distruggere la Casa Bianca (lo stesso registaccio Emmerich si autocita senza un briciolo di pudore menzionando lo scellerato e orrendo Indipendence Day, al cui confronto questo piccolo disastro sembra materia fina ed ispirata); o comunque piace ambientare nella magione presidenziale thriller incentrati sulla paura più grande: quella che un gruppo terroristico metta a repentaglio la vita del loro presidente, minacciando di conseguenza l'incolumità e la libertà di ogni cittadino della più grande democrazia del nostro pianeta.
Non è bastato dunque, solo pochi mesi fa, il giocattolone roboante del meno facilone, ma decisamente sopravvalutato Antoine Fuqua, quell' "Olympus has fallen" che rispetto a questo partiva svantaggiato per la presenza di un mediocre Gerard Butler, riuscendo tuttavia a mantenersi ai livelli minimi della decenza commerciale. Qui ritroviamo un Emmerich quasi ai suoi minimi storici, mentre armato di tronfio patriottismo da quattro soldi, si permette di farci vedere bimbe eroine che filmano e mettono in rete i cattivi, smascherandoli e divenendo dunque la paladina delle libertà, un'eroina che arriva a disobbedire al padre-eroe (Channing Tatum sempre più svenduto al blockbuster più trucido - sono lontani i suoi esordi promettenti con Dito Montiel!) per il bene della nazione e per poter sventagliare la bandiera che
induca i caccia ribelli a non bombardare quel che resta della Casa Bianca. Insomma "Sotto assedio" ci riporta nell'abisso un regista furbo e grossolano che dopo gli scempi di Indipendence Day, Stargate o Il patriota, aveva in parte saputo stupirci in positivo con filmoni non proprio banali, come The day after tomorrow e 2012. Qui invece, pur trovandoci ad un livello più alto rispetto a quei tre disastri sopra citati, e a parte il personaggio interessante e profondo di James Woods (grande attore da sempre) che ci piace rivedere dopo parecchio tempo di oblio, ritroviamo nuovamente quel buonismo terrificante tutto americano, che si materializza così bene nel rappresentare un presidente sempre allegro e disinvolto, sempre pronto alla battuta, sempre così disponibile e qualunque, come a ribadire che il sogno americano è per davvero così vicino ad ognuno di noi (nulla di più falso e scorretto invece). Ma infatti ormai nessuno ci crede più: nessuno almeno che non sia americano, che non appartenga a quelle orrende famigliole grasse, grosse e ignoranti che trascorrono le vacanze nei camper grossi come ville residenziali e si bevono ogni storia che presenti un retrogusto di buonismo e mielosità: le famiglie prese recentemente di mira dal carino "Come ti spaccio la famiglia", insomma, e che sembrano sempre di più caratterizzare la medietà della popolazione a stelle e strisce.
Ancora una volta insomma Emmerich contende a Michael Bay lo scettro del regista più scult e disonesto: una lotta senza tregua, che vede in ogni occasione un regista prevalere sul suo contendente, ed in cui Emmerich tuttavia passa ora nettamente in testa; soprattutto ripensando all'ultimo Bay di Pain & Gain: al confronto di questo un gioiello, facendo sì che la distanza che li divide aumenti a dismisura a favore del nostro, ora nettamente peggiore di Bay....che tuttavia ha già in agguato l'ennesimo Trasformers per rispondergli per le rime.
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