Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film
Essere nessuno. Un Ernesto Marchetti qualunque. Ed essere, ciò malgrado, uno dei protagonisti della Storia. Un piccolo testimone di eventi tanto più grandi di lui. Quelli che sono anticipati dai sogni della gente comune, e sono resi possibili dalla sua speranzosa remissività. L’Italia del pentapartito craxiano, di Tangentopoli e del berlusconismo sfila davanti ad un uomo semplice, padre di famiglia ed autotrasportatore, esibendo la sua naturale carica di utopia a buon mercato, tale da portare avanti la sensazione che il futuro sia costantemente alle porte, e debba senz’altro essere migliore del presente. I connotati del potere si modificano, col tempo, ma sempre con la partecipazione del popolo, che, nei mutamenti, prima cerca nuove opportunità, per poi scoprirvi l’ennesima fregatura. I personaggi di Giovanni Veronesi sono antieroi affacciati sulla soglia dell’ignoto, il confine che separa l’età delle illusioni dal momento della verità, o la disperazione dall’arrivo di una seconda giovinezza. Ernesto interpreta questa parte a ripetizione, più volte si lascia vincere dal sonno della fiduciosa attesa, per poi risvegliarsi bruscamente al primo schiaffo della realtà. La ciclicità dell’errore è un vizio connaturato nella nostra nazione, nella cui politica tutto cambia affinché nulla cambi. Ernesto, periodicamente, cede alle lusinghe di chi, vantando contatti con le alte sfere, gli promette soldi e benessere. Ma, ogni volta, finisce per rendersi conto di non essere né materialmente, né moralmente in grado di scendere a patti col diavolo. È un individuo pulito per forza di cose, incapace di reggere la menzogna e di sostenere la corruzione. Ed è, per questo, un servitore involontariamente infedele, che viene subito scaricato, rientrando immancabilmente nel suo ruolo di vittima designata. Ernesto non conosce la fortuna e non sa sfruttare gli appoggi che gli vengono offerti. È assolutamente impermeabile alle occasioni, nonostante possieda volontà, coraggio e fantasia. La ricchezza della sua vicenda personale trae proprio origine dai suoi limiti, contro i quali lotta invano, soprattutto perché il mondo rema contro i suoi ingenui progetti di riscatto. La sua storia è l’avventura, intensa e varia, di un povero cristo, che si dà da fare senza successo, però non smette mai di pensare in positivo. Ama enormemente la vita, benché non la capisca. Questo suo passionale attaccamento assomiglia a quello che lo lega al suo amico pittore, il Maestro, un artista d’avanguardia che dipinge quadri per lui astrusi e indecifrabili, e che pure lo affascinano. La sua cieca adesione all’incomprensibile è una sorta di religione personale, in cui si esprimono la sua modestia ed il suo concetto della libertà. Davanti ai suoi occhi sorge un muro insormontabile, oltre il quale non ha alcuna possibilità di vedere, ma dalla cui imponenza non si lascia schiacciare. È come la montagna di rifiuti di una discarica, che, nella sequenza finale, lo circonda e lo sovrasta, frustrando i suoi tentativi di recuperare ciò che gli è disgraziatamente sfuggito di mano. L’ultima ruota del carro è l’epopea di un perdente dallo spirito invincibile. Che fortissimamente crede, ed irrimediabilmente sbaglia.
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