Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
Non ho mai letto un libro di John le Carrè, eppure - guardando i film tratti dai suoi romanzi - mi sono fatto l'idea che i bestseller che ha scritto siano maledettamente arzigogolati: è valso per La Casa Russia, Il sarto di Panama, The constant gardener, La talpa e vale anche per questo A Most Wanted Man. Qui l'uomo più ricercato del titolo è un giovane ceceno (Dobrygin) arrivato clandestinamente ad Amburgo dopo essere stato torturato in Russia. Una cellula del servizio segreto americano guidata dalla spia del titolo italiano (un Philip Seymour Hoffman che ci ha offerto la sua ultima, titanica prova d'attore e che con quell'aria sgualcita e dolente, la sigaretta in una mano e il bicchiere di whisky nell'altra, sembra dare la misura del disfacimento della persona, oltre che del personaggio) vorrebbe servirsene per cercare di catturare pesci più grossi, in particolare un imam (Ershadi) che sta apparecchiando un nuovo undici settembre. Ma i servizi segreti americani e tedeschi sono convinti che il ragazzo, che ha ereditato una fortuna impressionante con cui potrebbe finanziare nuove manovre terroristiche, siano tutt'altro che un giovane in cerca di redenzione, come sembra voler far credere.
Alla stregua degli altri film tratti dai romanzi di Le Carrè, dunque, anche in questo caso è vietato distrarsi: operazione tanto più difficile se si pensa che il soggetto è finito nelle mani dell'olandese Anton Corbjin (Control, The american), regista al quale è completamente estraneo il concetto di ritmo. L'andamento monocorde del racconto viene tuttavia bilanciato dall'atmosfera torbida e cupa che aleggia sul film e da un'ambiguità che impregna tutti i personaggi principali, conferendo a questa spy-story in salsa tedesco-americana un'inquietante carica di tensione.
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