Regia di Anton Corbijn vedi scheda film
E così, dopo che avevo appena smaltito la cotta per il magnifico "The judge" ecco che mi ritrovo di nuovo a cadere innamorato perso ai piedi di un altro film. Metteteci che già il trailer mi intrigava, poi che coi thriller ci vado a nozze, ma soprattutto che ho sempre considerato P.S.Hoffman un gigante assoluto. Insomma la faccenda era carica di promesse. Tutte splendidamente mantenute. Ma prima di entrare nel merito occorre una precisazione. Questa pellicola ha un suo stile, una sua "chiave" che si suppone lo spettatore debba accettare, altrimenti meglio lasciar perdere. Intendo dire che si tratta di un film basato non certo sull'azione ma sui dialoghi, sulle riflessioni, sull'indagine pacata e sulle difficoltà nel prendere talune decisioni: in altri termini è un'opera che ha bisogno assolutamentre di prendersi i suoi tempi. Questa cosa implica una certa dilatazione dei tempi stessi, che attiene poi alla "cifra" del film e ne determina in gran parte il fascino. Ora, io posso capire che qualcuno potrebbe annoiarsi, anche se io l'ho seguito con passione e anche gli altri spettatori presenti in sala ne erano conquistati. Quel che mi disturba non poco è invece che un paio di critici abbiano scritto una corbelleria ("Il film non decolla mai"). Ma, Cristo santo, cosa c'è da "decollare"?? Ma porca vacca non è mica un action thriller, ignoranti che non siete altro!! Vabbè mi calmo, ok. In questa pellicola è quasi tutto perfetto. Gli attori inappuntabili (di loro riferirò dopo). La vicenda è intrigante e complessa ma non troppo: per inciso, essa è tratta da un romanzo del celeberrimo John Le Carrè (peraltro qui impegnato anche in veste di co-produttore). Il commento sonoro è valido. Ma ciò che piu' mi ha sedotto è stata la bravura del regista Anton Corbijn nel mettere in scena il meraviglioso sfondo di una Amburgo come ideale "teatro di spie". Una Amburgo multirazziale che però cova rancori e sospetti che vedono al centro immigrati islamici, ma soprattutto una città pericolosa, minacciosa, buia, fredda, umida e tanto tanto grigia. Questa descrizione è perfettamente suggestiva e crea nello spettatore un' eccitata partecipazione: io, che non sono mai statro in quei luoghi, mi sono lasciato andare e quasi mi sembrava di viverci dentro, a questa storia. Si racconta di un giovane misterioso ceceno arrivato avventurosamente nella città tedesca, di un islamico autorevole benefattore ma dalla doppia faccia, di una coraggiosa avvocatessa che lotta per i diritti di chi non ha voce, di un banchiere stretto tra due fuochi minacciosi, un agente dei Servizi tedeschi che -con l'ausilio del suo staff- conduce il suo difficilissimo lavoro sforzandosi di non accantonare ragionevolezza e buon senso, e infine quel "mostro" indefinito e inafferrabile che sono i Servizi Segreti americani, i quali fatalmente rovinano ogni cosa agendo con prepotenza e decisionismo ben poco democratico. Direi che ce n'è a sufficienza per imbastire un robusto "thriller di spie". E veniamo ad un parco attori davvero formidabile. Su Seymour Hoffman posso solo dire che è già uno spettacolo osservarlo mentre si accende la sua brava sigaretta (nel film se ne accenderà un centinaio!). Rachel Mc Adams (che io amo ribattezzare "Rachelina") ad onta di quel suo musetto da cerbiatta la troviamo ad ogni sua prova sempre più brava, un'attrice in continua crescita. Willem Dafoe è forse l'anello più debole del cast (ma quella sua impagabile maschera lo salva sempre). E infine una perfetta Robin Wright (ma quanta classe e quanta bellezza, questa donna!).
Gran bel film. O meglio: buon film reso grande dalla performance di un attore gigantesco.
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