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La spia

Regia di Anton Corbijn vedi scheda film

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La recensione su La spia

di pazuzu
8 stelle

L'olandese Anton Corbijn è stato per lunga parte della propria carriera (e lo è attualmente) dedito alla direzione di videoclip e documentari musicali per gente del calibro di Metallica, U2 o Depeche Mode. A partire dal bel biopic Control, datato 2007 e incentrato sulla figura di Ian Curtis, problematico leader dei Joy Division morto suicida a 23 anni, ha scelto di intervallare il suo impiego primario con quello di regista di film drammatici. Dopo The American del 2010, il 2014 lo vede tornare con una serrata spy story tratta da un romanzo dello scrittore britannico John Le Carré, ormai abbonato alle trasposizioni per il grande schermo delle proprie opere (l'ultima in ordine di tempo era stata Tinker, Tailor, Soldier, Spy, conosciuto in iItalia con il titolo La Talpa, diretto da Tomas Alfredson nel 2011): A Most Wanted Man, con protagonista, in una prova enorme, il mai troppo compianto Philip Seymour Hoffman, che convoglia la propria consueta generosità d'attore in quello che resterà l'ultimo grande perdente di una carriera troppo breve, Gunther Bachmann, capo di un'unità che agisce nell'ombra facendo il lavoro sporco per conto dei servizi segreti tedeschi.

La storia, densa e avvincente, è un vero e proprio intrigo internazionale, e ruota attorno alla sorte di Issa Karpov, un ceceno ricercato per terrorismo - sulla base di una confessione estortagli con la tortura in Russia - e fuggito ad Amburgo, dove ha ereditato un conto in banca milionario dal padre, un oligarca russo in passato autore di diversi crimini. Mentre i superiori di Gunther, di concerto con la CIA, hanno fretta di chiudere la questione e metterlo dentro, lui punta ad utilizzarlo per arrivare a chi finanzia e a chi fornisce armi agli islamisti radicali, e in seguito a un'aspra contrattazione ottiene 72 ore da far fruttare per raggiungere l'obiettivo.

Girato da Corbijn con mano morbida e sicura, e sceneggiato da Andrew Bovell con scrupolo e cura minuziosa per i dettagli, A Most Wanted Man non cerca l'emozione facile o il ritmo ultra-serrato ma procede al passo "giusto", concedendo ai personaggii il tempo di costruirsi le proprie frustrazioni ed al pubblico quello di condividerle empaticamente: in questo, A Most Wanted Man è, oltre che un action thriller politico appassionante, il ritratto impietoso di più solitudini; quella del ceceno Issa (Grigory Dobrygin), con il destino appeso ad un filo e la cattiveria del padre ad appesantirgli la coscienza; quella della sua avvocatessa Annabel (Rachel Adams), volenterosa ed idealista ma timorosa di fallire; quella di Irna (Nina Hoss), il braccio destro di Gunther, che con lui condivide illusioni e sconfitte; e addirittura quella del ricco direttore di banca Thomas Brue (Willem Defoe), nella cui reggia in riva al porto vive una moglie che lo ignora; ma soprattutto, ed inevitabilmente, quella del Gunther di Hoffman, una spia che veste colori sciatti, beve whiskey di giorno e fuma come una ciminiera, che sbuffa e s'incazza, distante anni luce da quelle glamour che colonizzano periodicamente le sale cinematografiche, un uomo troppo leale in un tempo di cannibali, e troppo lungimirante per far breccia tra i cuori freddi e le menti schematiche di chi pensa solamente all'immediato.
Una menzione a parte, visto il curriculum del regista, la merita la ricca colonna sonora, dove accanto all'atmosferico score di Herbert Groenemeyer fa capolino il rock in diverse sue sfaccettature, con brani, tra gli altri, di Roy Orbison, Gang of Four e Tom Waits.

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