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Il venditore di medicine

Regia di Antonio Morabito vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il venditore di medicine

di sasso67
7 stelle

Il venditore di medicine è conosciuto in gergo tecnico come informatore scientifico del farmaco: per noi comuni mortali, invece, è uno di quei rompiscatole ben vestiti che, con il nome di "rappresentante", incontriamo in sala d'attesa quando andiamo dal dottore e che ha diritto di entrare in ambulatorio con la frequenza di uno ogni due pazienti.

Su uno di questi piazzisti del farmaco si incentra il film di Antonio Morabito. Il protagonista è un giovane (tra i 35 e i 40 anni) rampante, più o meno nella media per quanto riguarda cinismo ed arrivismo nell'esercizio della propria professione. Quando, però, i tempi cominciano a farsi un po' più duri per tutti, un po' perché le grandi strutture ospedaliere stringono i cordoni della borsa, un po' perché la concorrenza (quasi sempre sleale) delle altre case farmaceutiche si fa sempre più spietata e un po' perché, infine, ai vecchi medici è subentrato qualche "dottorino" dotato di un senso etico più spiccato rispetto a quello dei predecessori, il nostro Bruno Donati comincia ad annaspare, a coinvolgere nelle proprie trame parenti e colleghi, a mettersi nei guai e a commettere mosse sbagliate. Si riscatta soltanto procurandosi un farmaco introvabile che può salvare la vita a un amico ammalato gravemente ai polmoni.

Alla fine, la giustizia dei tribunali non riuscirà a condannare il protagonista per i raggiri messi in atto (anzi se la prenderà, per oltraggio, con il denunziante), ma la sua codardia lo fa condannare agli occhi della moglie, nei confronti della quale ha commesso una colpa imperdonabile. E poi riparte verso nuovi successi professionali, apprezzatissimo dalla dirigente dell'azienda, per i risultati ottenuti grazie al ricatto e alla corruzione.

Si tratta di un film di denuncia civica, che sembra uscito da una costola di programmi televisivi come Report o Presa diretta. Buon professionismo (ormai Claudio Santamaria è uno dei nostri migliori interpreti), buone intenzioni e un cinema di utilità sociale. Qualche regista riesce a fare qualcosa di meglio, sul piano prettamente artistico, ma non sono molti. Del resto, Francesco Rosi è morto ed un suo erede non sembra alle viste. Autore di un cinema che potrebbe essere maggiormente apprezzato in futuro per l'acutezza del suo sguardo sul paese, Morabito è per ora un piccolo epigono dei cineasti di ieri, ma per fortuna sua e nostra è piuttosto bravo.

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