Regia di Henri-Georges Clouzot, Robert Ménégoz vedi scheda film
La moderna arte delle installazioni museali esibisce la finta vita degli oggetti inanimati: un dinamismo pulsante ed insensato che stordisce, e raffigura il turbinio della perversione che cattura con la sua oscura potenza psichedelica. Quando il voyeurismo fotografico si fa gioco erotico, il corpo diventa una scultura soggetta ai desideri dell'artista. Allora la volontà di dominio sta alla docilità della vittima come la creatività sta alla malleabilità della materia. Il prodotto finale è una fantasia amorfa, in cui manca la forma del sentimento, come in un quadro astratto manca la presenza plasmante della realtà vivente. La vuota geometria delle strutture è la rappresentazione di una ritualità meccanica e disumanizzata, in cui il sesso è movimento a comando, del tutto privo di sensualità, e dettato unicamente dall'espressione tartagliante di una razionalità deviata. "La prigioniera" è la storia di un percorso esistenziale in cui l'evoluzione e la scelta non sono frutto di alcuna libertà, perché sono solo episodi del cieco errare di un individuo nei cunicoli di un labirinto.
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