Regia di Fernando Guzzoni vedi scheda film
La carne di cane del titolo, si squama, si piaga, si fa ferita profonda e infetta e porta, infine, alla morte. Alejandro ne è la causa, in una delle scene più disturbanti del cinema degli ultimi anni, così come è stato la causa, si presume, di altre morti, torture, sparizioni, negli anni della dittatura cilena di Pinochet. Lui, nel Cile di oggi, è un essere solo, è un fantasma imbevuto ancora, pateticamente, di retorica patriottica, espone le sue bandiere e guarda, nelle notti che passa insonne, programmi sul nazismo cileno. Ma, Alejandro, è divorato dal rimorso, dagli errori, è uno sconfitto, a lui, il regime, non ha lasciato nulla, la vita privata è in pezzi, l'angoscia gli stringe il petto come una maledizione adeguata, come una malattia, e niente e nessuno lo potrà salvare. L'esordiente Guzzoni è chiaramente debitore dello splendido cinema di Larraín, e s'incolla al volto di un bravissimo Alejandro Goic, facendoci sentire tutta la sua paura, tutto il suo dramma umano, tutto il suo dondolarsi fra il passato, forse glorioso, e un presente miserabile. E' un film duro, che non lascia nessuno spazio alla retorica, che non parteggia ma racconta e dice, seppure sfruttando soltanto la storia di un uomo qualunque. Bello e complesso, oggetto doloroso e impegnativo, ma, oggi, ancora necessario, evidentemente. Cameo del grande Alfredo Castro, nel finale, tanto per sottolineare ancora una volta il forte legame con il connazionale Larraín. Da vedere.
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